Rapporti di lavoro

Lavoratori genitori, diritto allo smart working solo con accordo delle parti

di Gianfranco Nobis

Per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14 diritto allo smart working solo con accordo delle parti. È la conseguenza inevitabile, certamente non voluta, della realizzazione pratica del disposto dell'articolo 90 del decreto legge 19 maggio, 2020, n. 34 (decreto Rilancio) entrato in vigore dal giorno 19 maggio 2020 per effetto dell'avvenuta pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. L'articolo in commento, dedicato interamente alla modalità di lavoro agile, introduce il diritto, da parte di genitori i cui figli non abbiamo compiuto il quattordicesimo anno di età, di fornire la prestazione lavorativa in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali. Tale facoltà tuttavia non opera in automatico e potrà essere accordata al lavoratore istante solo se l'altro genitore non stia già beneficiando di strumenti di sostegno al reddito per sospensione o cessazione dell'attività lavorativa. Analogamente, il lavoratore non avrà diritto a vedersi accordata la richiesta di lavorare in smart working quando l'altro genitore sia privo di occupazione. Non mancano punti d’ombra derivanti dall'applicazione del nuovo diritto; si pone, infatti, il tema dell'onere della verifica dei requisiti soggettivi del lavoratore posti dalla norma. Occorrerà quindi, in assenza di indicazioni più precise da parte degli organi competenti, che il datore di lavoro richieda al lavoratore di fornire apposita autocertificazione, attestante il rispetto dei requisiti richiesti dall'articolo 90 del Dl n.34/2020.
Procedendo con l'analisi del testo normativo emergono poi ulteriori elementi, i quali, contribuiscono a creare incertezza nell'esercizio del diritto al lavoro agile. Il decreto dispone infatti che lo smart working accordato per diritto del lavoratore istante non richieda specificamente un accordo per la relativa attuazione. In aggiunta, la modalità di prestazione agile potrà essere concessa dal datore di lavoro solo se sia compatibile con l'attività svolta dall'impresa o dal reparto presso cui è impiegato il lavoratore. Mentre in ordine alla compatibilità tra lavoro agile e attività lavorative c'è stata un'indicazione chiara, grazie al protocollo di sicurezza sottoscritto tra Governo e Parti sociali il giorno 14 marzo 2020, (aggiornato il 24 aprile 2020) non è stato definito con altrettanta chiarezza in quale modo potrà attuarsi il diritto del lavoratore alla prestazione agile in assenza di un accordo.
Lo smart working emergenziale, disposto prima dai dpcm emanati a marzo 2020 e successivamente dal Dl n.18 del 17 marzo 2020, si è configurato come prerogativa datoriale attraverso la quale, in assenza di un accordo specifico tra le parti, il datore di lavoro ha potuto disporre che la prestazione lavorativa potesse essere svolta in modalità agile. Il diritto allo smart working disposto invece dall'articolo 90 del Dl n. 34/2020, presuppone che il lavoratore "possa" chiedere la prestazione agile. L'istanza del lavoratore, tuttavia, non potrà configurarsi come una compressione dell'autonomia datoriale nell'organizzazione del lavoro, la quale dovrà certamente adeguarsi ai principi di sicurezza di cui i Protocolli anti Covid.
Viene a determinarsi dunque una contrapposizione di interessi che con tutta probabilità potrà dirimersi solo all'interno di un accordo sottoscritto tra le parti (benché la norma non lo richieda). Il lavoratore, infatti, non possiede un diritto autonomo di collocarsi in lavoro agile, anche nel rispetto dei requisiti soggettivi richiesti dalla legge. Si preconfigura quindi la necessità di trovare un punto di incontro tra le parti, finalizzato a definire le modalità di esecuzione della prestazione agile, anche se proveniente da un diritto non meglio regolato dalla stessa norma che lo introduce. Molti lavoratori, infatti, sono già pronti ad effettuare una richiesta di lavoro agile "di diritto", essi tuttavia non potranno definire in modo autonomo in quali giorni espletare la prestazione in questi termini, ma dovranno necessariamente trovare un accordo con il datore di lavoro.
Un'incongruenza che stride con l'intento della norma di favore il diritto al lavoro per tutti i lavoratori subordinati, le cui famiglie sono state penalizzate dalla sospensione delle attività didattiche a causa dell'emergenza epidemiologica tutt'ora in corso. La pratica infatti riporterà al centro del lavoro agile, se pur di diritto, la presenza dell'accordo scritto tra le parti originariamente previsto dall'articolo 19 della legge n.81 del 22 maggio 2017. Spunti su cui intervenire attraverso la legge di conversione del decreto Rilancio, auspicando che possano essere individuate modalità e strumenti maggiormente idonei a sostenere il diritto al lavoro anche durante la ripresa delle attività didattiche, le quali con tutta probabilità non torneranno ad essere svolte attraverso le consuete modalità.

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