Rapporti di lavoro

L’azienda deve poter documentare l’attività svolta

di Gabriele Taddia

Tutti i protocolli e le linee guida emanate in chiave anti Covid si fondano sugli stessi principi cardine, previsti in primo luogo dal Protocollo Condiviso tra Governo e parti sociali il 24 aprile, sul quale sono stati poi modellate le linee guida per i singoli settori di attività.

Per tutti è basilare una corretta informazione dei lavoratori, sia sulla natura e sugli effetti del virus, sia sulle misure adottate dall’azienda (pubblica o privata che sia) per prevenire il contagio. In questo senso è bene precisare che ogni datore di lavoro deve necessariamente aver declinato le disposizioni di carattere generale adattandole alla propria realtà lavorativa: ciò significa che ciascun datore di lavoro partendo dal Protocollo di riferimento, deve prevedere specifiche misure per la propria realtà aziendale, verificando successivamente che le stesse siano corrispondenti nel concreto a quanto indicato dalle linee guida.

Di grande aiuto in questo senso sono sicuramente le check-list predisposte a vario titolo dalle aziende sanitarie locali, dall’Ispettorato del Lavoro o da altri enti di controllo, alle quali il datore di lavoro può fare riferimento per verificare la corretta implementazione delle disposizioni in materia di prevenzione del rischio da contagio. Dunque, sì ai protocolli aziendali, purché corrispondano alle linee guida imposte a livello nazionale o regionale.

Oltre all’obbligo di informazione e formazione, principio cardine è la distribuzione dei dispositivi di protezione individuale che vanno ad affiancarsi all’obbligo di distanziamento dei lavoratori, ove possibile. Le mascherine, da utilizzarsi in conformità a quanto previsto dalle indicazioni dell’Oms, ma anche le maschere facciali in alcuni settori e per alcune attività, sono solo alcuni esempi. Il datore di lavoro deve sempre documentare la avvenuta distribuzione dei Dpi ai lavoratori, per poter dimostrare di aver assolto a tale obbligo.

Un altro punto comune è l’organizzazione aziendale, per evitare assembramenti e incrocio di lavoratori in entrata e in uscita, con stretta disciplina (e ove possibile divieto) di utilizzo degli spogliatoi e regolamentazione dell’accesso nelle zone comuni come mensa e aree ricreative, massima limitazione degli spostamenti anche all’interno dell’azienda, cancellazione delle riunioni in presenza salvo i casi di assoluta e comprovata necessità.

Infine, in particolare nel Protocollo del 24 aprile, è prevista la necessità di non sospendere la sorveglianza sanitaria a carico dei lavoratori, essendo questa una misura di prevenzione di carattere generale, ed essendo peraltro il medico competente tenuto a collaborare con il datore di lavoro e con il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza per proporre e integrare le misure di prevenzione.

Fondamentale - è bene ribadirlo - è documentare tutta l’attività svolta, compresa quella di controllo e sorveglianza, e aggiornare le misure adottate in ogni caso in cui ciò si riveli necessario in base alla modifica delle condizioni di lavoro, o anche in base alla riscontrata necessità di migliorare determinate procedure di prevenzione.

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