Rapporti di lavoro

Collocamento in smart working dei lavoratori "fragili", la decisione passa anche per il medico competente

di Mario Gallo

L'emergenza pandemica da SARS-COV-2 ha conferito al lavoro agile una nuova vita, ponendolo in cima alla piramide delle misure di tutela dei lavoratori; nato per ben altri fini ora, infatti, rappresenta la via principale per prevenire alla radice il rischio di contagio nei luoghi di lavoro e, per tale ragione, il legislatore in fase di conversione del D.L. n.34/2020, con la legge 17 luglio 2020, n.77, ha voluto ulteriormente esaltare tale funzione.

In particolare, attraverso quest'ultimo provvedimento si è cercato di meglio armonizzare la disciplina emergenziale sullo smart working, ma senza mettere mano ancora una volta a quella della legge n.81/2017, sia per garantire alla fascia dei lavoratori "fragili" un quadro più preciso di tutele, sia per bloccare alcune letture distorte che stavano emergendo sul diritto all'astensione lavorativa nei casi si maggior esposizione al rischio di contagio a causa delle condizioni soggettive del singolo lavoratore.

Il diritto al collocamento in modalità di lavoro agile per i dipendenti "fragili".
L'art. 90, c.1, del D.L. n.34/2020, infatti, fermo restando, per il periodo di emergenza, il diritto alla collocazione in modalità lavorativa agile per i lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14 – a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, e che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione – prevede ora anche un'altra ipotesi.
Infatti, sempre fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, tale diritto a svolgere la prestazione in regime di smart working è riconosciuto espressamente anche ai lavoratori cd. "fragili", ossia coloro che sono maggiormente esposti a rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità.

L'accertamento della condizione di fragilità da parte del medico competente.
La stessa norma affida, poi, il compito di accertare la sussistenza o meno delle citate condizioni di fragilità al medico competente, nell'ambito della sorveglianza sanitaria eccezionale prevista dall'art. 83 dello stesso decreto che, si badi bene, è prevista anche per quei datori di lavoro che non sono tenuti alla nomina del medico competente ai sensi dell'art. 18, co. 1 lett. a), del D.Lgs. n.81/2008.
Ecco, quindi, che il legislatore ha voluto ribadire con maggior forza che prima di arrivare, in questi casi, a dichiarare l'inidoneità alla mansione del lavoratore fragile, il medico competente dovrà necessariamente valutare la collocabilità in modalità di lavoro agile che potrebbe, in effetti, anche richiedere la collaborazione del medico di medicina generale del lavoratore stesso.
L'inidoneità scatterà, quindi, nel caso in cui il lavoratore fragile non è collocabile in smart working, in quanto non compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa; in tal caso, però, va sottolineato che l'art. 83, c.3, del D.L. n.34/2020, stabilisce che tale inidoneità alla mansione "non può in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro" .

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©