Rapporti di lavoro

Sui lavoratori fragili indicazioni ministeriali da armonizzare con le norme del Dl Rilancio

di Massimiliano Arlati e Luca Barbieri

Con la circolare 13 del 4 settembre 2020, il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha svolto argomentazioni di rilievo sullo stato di «fragilità» di lavoratori e lavoratrici in relazione al rischio di contagio da SARS-CoV-2 e offerto indicazioni operative in tema di sorveglianza sanitaria, per delineare un quadro normativo più organico in materia prevenzionistica.

Ciò nonostante, gli orientamenti del Dicastero presentano elementi di criticità che rendono laborioso il tentativo di coordinamento con il vigente impianto normativo. L’articolo 90, comma 1, secondo periodo del Dl 34/2020 (convertito dalla legge 77/2020) stabilisce che, sino alla cessazione dello stato d'emergenza epidemiologica (15 ottobre 2020), il lavoratore che, in base al convincimento del medico competente, risulti maggiormente esposto al rischio di contagio in ragione

i) dell'età anagrafica o della condizione di rischio derivante

ii) di immunodepressione,

iii) esiti di patologie oncologiche

iv) dallo svolgimento di terapie salvavita

v) da co-morbilità

ha il diritto di poter svolgere la propria attività di lavoro secondo le modalità del lavoro agile, sempre che tale soluzione organizzativa sia ritenuta percorribile dal datore di lavoro. Peraltro, l’articolo 83, comma 1 dello stesso decreto dispone che per l'intero periodo emergenziale il datore di lavoro sia tenuto a garantire la «sorveglianza sanitaria eccezionale» in relazione ai lavoratori considerati maggiormente esposti al rischio di contagio alla luce dei criteri soggettivi suindicati.

Il Dicastero ha offerto una nuova definizione della condizione di fragilità fondata sui più recenti dati epidemiologici messi a disposizione dell'Istituto Superiore di Sanità, precisando che è considerato fragile il lavoratore che, se contagiato, sarebbe esposto ad un rischio più grave in ragione di preesistenti patologie, non avendo rilievo autonomo alcuno l'età anagrafica. Stando alle indicazioni ministeriali, l'età anagrafica contribuirebbe dunque a definire la condizione di fragilità del lavoratore solo quando dovesse essere un parametro concorrente in un quadro di co-morbilità.

Quand'anche fosse fondata sul piano scientifico, l'interpretazione del Dicastero confligge con i citati articoli 90 e 83 del D.L. 19 maggio 2020, 34, che costituiscono norme di rango primario. In fase di recepimento del Protocollo 24 aprile 2020 in un protocollo sanitario aziendale, quale nozione di ‘fragilità' dovrebbe dunque essere considerata ai fini della valutazione dei rischi e in sede di programmazione dell'attività di sorveglianza sanitaria?

La più ampia nozione offerta dal richiamato decreto legge - comunque vigente, si ribadisce, sino al 15 ottobre 2020 - o quella desumibile dalla circolare ministeriale? In tale ultima ipotesi, il protocollo sanitario aziendale non risulterebbe essere in contrasto con il paragrafo 12, punto 5 del Protocollo 24 aprile 2020 nella parte in cui stabilisce che il medico competente è tenuto a segnalare situazioni di particolare fragilità attuali o pregresse (sottintendendo che detta segnalazione non può essere effettuata in violazione delle disposizioni di legge, che, nonostante le precisazioni del Dicastero, ancora attribuiscono all'età anagrafica rilievo autonomo ai fini del giudizio di ‘fragilità')?

Strettamente collegate a tali argomenti sono altresì le indicazioni di natura operativa afferenti alla valutazione della condizione di fragilità. In particolare, il Dicastero ha precisato che un fondato giudizio circa la ‘fragilità' del lavoratore non può che essere formulato:

a)alla luce della documentazione medica prodotta dal lavoratore interessato ed attestante la patologia diagnosticata;

b)una volta che il datore di lavoro abbia portato a conoscenza del medico competente una dettagliata descrizione sia delle mansioni affidate al lavoratore che degli spazi di lavoro in cui la prestazione è resa.

Inoltre, il datore di lavoro è tenuto a rendere le informazioni afferenti all'integrazione del documento di valutazione del rischio, specie con riguardo alle misure adottate in sede di recepimento del Protocollo 24 aprile 2020 mediante l'adozione di un protocollo sanitario aziendale (a margine di tale ultima indicazione potrebbe obiettarsi che il medico competente non può non essere già a conoscenza delle misure tecniche ed organizzative contenute nel protocollo sanitario aziendale, in quanto le stesse sono ideate e poste in essere anche con il contributo imprescindibile del medico competente medesimo sulla base delle risultanze di un'attività di valutazione dei rischi alla quale non è possibile egli non abbia partecipato). In altri termini, l'orientamento ministeriale pare da una parte suggerire una lettura ‘alternativa' del citato articolo 90, comma 1, secondo periodo del D.L. 19 maggio 2020, 34 e dall'altra ritenere che il protocollo sanitario aziendale non possa che inscriversi e ‘armonizzarsi' con le disposizioni dettate dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e in particolare con la disciplina vigente in materia di valutazione dei rischi (che appunto non può discostarsi dalla norme vigenti e quindi anche dal più volte richiamato articolo 90, comma 1, secondo periodo del D.L. 19 maggio 2020, 34).

Infatti, se letta in questa prospettiva, la violazione di una norma dettata dalla disciplina emergenziale volta a contrastare il rischio di contagio in occasione di lavoro costituirebbe anche una violazione degli obblighi posti dal citato Dlgs 81/2008. Peraltro, la condizione di ‘fragilità' non potrà non avere rilievo in termini di tutela della salute dei lavoratori anche successivamente al termine di vigenza dello stato di emergenza (15 ottobre 2020) e non rilevare ai fini dell'attività di valutazione dei rischi (l'adozione di una dettagliata informativa circa la condizione di ‘fragilità' può costituire una vera e propria ‘misura di prevenzione' ed essere consegnata ai lavoratori in forza perché siano sensibilizzati circa la necessità di comunicare al medico competente i dati sanitari attestanti l'eventuale condizione di fragilità, in ogni caso raccolti in osservanza della disciplina vigente in materia di trattamento dei dati personali).

Infine, è opportuno rilevare come successivamente al 15 ottobre 2020 il ricorso al lavoro agile quale soluzione organizzativa con funzione eminentemente prevenzionistica dovrebbe essere concordata, se praticabile, con il lavoratore interessato in stato di ‘fragilità' e dedotta in un'apposita formale intesa raggiunta tra le parti (articolo 19, comma 1 della Legge 22 maggio 2020, n. 81). A questo proposito, non può non osservarsi come appaia ‘stravagante' la necessità in cui potrà versare il datore di lavoro di subordinare l'adozione di una misura organizzativa prevenzionistica all'intesa con il lavoratore interessato.

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