Rapporti di lavoro

Il caso Juventus-Napoli, la Lega di Serie A rispetta i provvedimenti delle Asl

di Roberta Di Vieto e Marco Di Liberto

Il recente "caso Juventus-Napoli", relativo alla partita del campionato di Serie A che avrebbe dovuto disputarsi domenica 4 ottobre 2020, ha suscitato un vivace dibattito in merito alle misure a tutela dei calciatori professionisti e alle norme che le disciplinano.

Sotto il profilo giuridico, occorre premettere che l'accordo collettivo stipulato tra la Federazione italiana giuoco calcio (Figc), la Lega nazionale professionisti serie A (Lnp A) e l'Associazione italiana calciatori (Aic), prevede all'articolo 15 che l'inidoneità di un calciatore si verifichi allorché la condizione morbosa di quest'ultimo gli renda totalmente impossibile la prestazione lavorativa, anche a titolo temporaneo, e sia certificata dalla competente Asl, anche ai sensi dei provvedimenti amministrativi applicabili.

In tale contesto, la pandemia da Covid-19 ha indotto la Figc a emanare vari protocolli, tra i quali vi è quello contenente le indicazioni generali per la pianificazione, l'organizzazione e la gestione delle gare di calcio professionistico in modalità "a porte chiuse". Il 28 settembre 2020 tale protocollo è stato integrato dall'aggiornamento aspetti medici, contenente disposizioni in materia di test medici per il gruppo squadra e di procedure da adottare in caso di accertamento di calciatore Covid positivo.

Tali misure hanno consentito l'avvio del campionato di calcio di serie A 2020/2021, ma si sono dovute misurare con il focolaio da Covid-19 riscontrato a cavallo del match disputato tra Napoli e Genoa, quando due casi di positività da Covid-19, riscontrati poco prima del suddetto match, sono poi esitati in 14 casi di positività.

A fronte di tali casi, il Consiglio di Lega, con delibera del 30 settembre-1 ottobre 2020, ha introdotto ulteriori regole sia per lo svolgimento delle gare durante l'emergenza sanitaria in corso, sia per determinare i risultati delle partite a seconda dei casi di positività riscontrati in un club: tale delibera prevede espressamente che, qualunque sia l'esito di un match a seconda del numero di positivi e/o delle condizioni delle squadre, sono «fatti salvi eventuali provvedimenti delle Autorità statali o locali».

Pochi giorni dopo è stata riscontrata la positività al Covid-19 di un giocatore del Napoli, precedentemente allenatosi con l'intera squadra, pertanto le competenti autorità sanitarie locali, con provvedimenti emessi il 3 e 4 ottobre 2020 dopo gli accertamenti sanitari del caso, hanno comunicato al club di aver individuato i contatti stretti del giocatore risultato positivo. Con tali due provvedimenti, dichiaratamente assunti anche ai sensi della circolare 21463 del ministero della Salute, le Asl di Napoli hanno disposto che il giocatore risultato positivo, e tutti gli ulteriori giocatori entrati in contatto con quest'ultimo, rimanessero in isolamento presso il proprio domicilio.

Il secondo provvedimento dell'autorità sanitaria locale ha previsto che ove i suddetti calciatori posti in isolamento fiduciario si fossero recati in trasferta a Torino, «avrebbero inevitabilmente [avuto, ndr] contatti con una pluralità di terzi (personale dell'aeroporto, equipaggio e passeggeri del volo, personale dell'hotel sede di ritiro, addetti e tesserati della Juventus)», disponendo pertanto che «non sussistono le condizioni che consentano lo spostamento in piena sicurezza dei contatti stretti. Pertanto, per motivi di sanità pubblica, reta l'obbligo per i contatti stretti (già indicati nelle precedenti comunicazioni anche delle altre A.S.L.) di rispettare l'isolamento fiduciario presso il proprio domicilio».

In tale articolato scenario occorre considerare che il Napoli non si è recato in trasferta in dichiarata attuazione dei provvedimenti emessi dalle competenti autorità sanitarie, le quali hanno agito a tutela della pluralità di tutti quei soggetti terzi che sarebbero venuti a contatto con i giocatori in quarantena qualora tale trasferta avesse avuto luogo.
Sotto tale ultimo profilo, si può ritenere che, sulla scorta delle fonti e dei fatti resi noti dalla stampa, i due provvedimenti emessi dalle autorità sanitarie locali appaiono conformi sia alle disposizioni sopracitate in materia di prevenzione e protezione della salute dei lavoratori giocatori professionisti (e dei soggetti terzi potenzialmente esposti al contatto con quest'ultimi), sia alle disposizioni di cui all'articolo 2087 del Codice civile e ai principi sottesi al Dlgs 81/2008, la cui violazione avrebbe potuto potenzialmente comportare anche conseguenze di natura penale sotto vari profili.

Infatti, è utile ricordare che, in base all'articolo 2087 del Codice civile, l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro; pertanto, se il datore di lavoro ottempera a un provvedimento amministrativo emanato al dichiarato fine di tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori e di terzi, la finalità sottesa alla norma appare rispettata.

Sotto il profilo della gerarchia delle fonti, non pare esservi stato un potenziale conflitto tra norme regolamentari del settore sportivo e i provvedimenti amministrativi dell'autorità sanitaria, poiché la delibera del Consiglio di Lega del 30 settembre 2020 prevede che «sono fatti salvi eventuali provvedimenti delle autorità…locali», ammettendo dunque che le disposizioni sanitarie emanate dagli organi sportivi possano essere integrate anche da atti amministrativi delle competenti autorità.

Fermo quanto precede, il solo esame delle norme di settore potrebbe non risultare sufficiente a decidere il caso in esame, poiché potrebbe essere necessario acquisire ulteriori elementi eventualmente non ancora resi noti dalla stampa. Il caso in esame è pertanto destinato a far ancora discutere ed a suscitare ulteriore interesse, mediatico e giuridico.

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