L'esperto rispondeContrattazione

Covid-19: cig e attività di baby sitter

di Antonio Carlo Scacco

La domanda

Una dipendente posta in cassa integrazione a zero ore (CIGO, FIS, DEROGA, FSBA, ECC..) per emergenza covid, può svolgere attività retribuita di baby sitter (con assunzione lavoro domestico e/o libretto famiglia), e nel caso con quali limitazioni ai fini reddituali per non perdere l'indennità Inps erogata direttamente dall'Inps o anticipata dal datore di lavoro?

Nella vigenza degli artt. 48-50 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, entrato in vigore il 25 giugno 2015 (che, come si ricorderà aveva integralmente riformato la previgente normativa di cui agli articoli 70 -73 del Decreto legislativo n. 276 del 2003), era previsto che prestazioni di lavoro accessorio potevano essere rese, “in tutti i settori produttivi […] nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso per anno civile […] e L’INPS provvedeva “a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio”. Da tale previsione si era ritenuto di dedurre (circolare Inps 170/2015) che le integrazioni salariali fossero interamente cumulabili con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio nel limite complessivo dei predetti euro 3.000 per anno civile, restando invece applicabile la disciplina ordinaria per i compensi superiori a detto limite e fino a 7.000 euro per anno civile (vecchio limite massimo annuale di reddito percepibile nell'ambito del c.d. lavoro accessorio). Come si ricorderà la disciplina contenuta negli artt. da 48 a 50 del decreto legislativo 81/2015 è stata abrogata ed integralmente sostituita dalla disciplina prevista dall'articolo 54-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50 (conv. in legge n. 96 del 21 giugno 2017). In questa ultima è scomparso il riferimento alle prestazioni integrative ed è stata introdotta la possibilità per i datori di lavoro di acquisire prestazioni di lavoro occasionali, entro limiti determinati, utilizzando due distinte modalità: a) il Libretto Famiglia (LF) b) il Contratto di prestazione occasionale (Cpo). Si ritiene pertanto tuttora applicabile quanto previsto dall'articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 148/2015 secondo cui il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate (comma 2) ed il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell'INPS dello svolgimento dell'attività lavorativa (comma 3). Si ripropone, in sostanza, la disciplina ordinaria sulla compatibilità ed eventuale cumulabilità parziale della retribuzione (cfr. circolare Inps n. 130 del 2010). Quindi, in via generale, l’integrazione salariale non è dovuta per le giornate nelle quali il lavoratore beneficiario si dedichi ad altre attività remunerate, di conseguenza il reddito derivante dalla nuova attività di lavoro non è normalmente cumulabile con l’integrazione salariale. In tali casi il trattamento di integrazione salariale verrà sospeso per le giornate nella quali è stata effettuata la nuova attività lavorativa. Tuttavia, per consolidato orientamento giurisprudenziale, qualora il lavoratore dimostri che il compenso (o provento) per tale attività è inferiore all'integrazione stessa, avrà diritto ad una quota pari alla differenza tra l’intero importo dell’ integrazione salariale spettante e il reddito percepito. A solo titolo di esempio la integrazione salariale è incompatibile con un nuovo rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato (Corte costituzionale sentenza n. 185/1995). Per quanto concerne lo specifico quesito, si ritiene che sia possibile un cumulo parziale nel caso in cui il reddito derivante dal lavoro derivante da compensi erogati con Libretto di famiglia sia inferiore all'importo totale della integrazione: più in particolare spetterebbe al beneficiario una quota di integrazione salariale a concorrenza (unitamente al reddito) del totale della medesima integrazione. Incidentalmente si ricorda che per i percettori di prestazioni integrative del salario o di altre prestazioni di sostegno del reddito, i compensi (art. 54-bis, comma 8, del d.l. n. 50/2017) riferiti al limite annuo percepibile da tutti gli utilizzatori sono calcolati nella misura del 75% (quindi, in pratica, il limite annuo sale a 6.666 euro).

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