L'esperto rispondeRapporti di lavoro

Chi ha accesso alle relazioni del Rspp

di Mario Gallo

La domanda

Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione redige delle relazioni periodiche in materia di salute e sicurezza sul luogo del lavoro. Chi può accedere a tali relazioni, informazioni, documentazione?

L’art. 2, c.1, lett. f), del D.Lgs. n.81/2008, definisce il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPO) come la “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi” ossia “l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori” (art.2, c.1, lett.l). Pertanto, il RSPP è il soggetto, dotato delle capacità e dei requisiti previsti dall’art. 32 del predetto, collocato al vertice del SPP con funzioni di responsabilità e di coordinamento di tale struttura finalizzata all’assistenza del datore di lavoro nelle molteplici fasi del delicato processo gestionale dell’obbligazione di sicurezza, tra cui quella della valutazione dei rischi; per tale ragione, l’art. 17 afferma che la nomina del RSPP è un obbligo indelegabile del datore di lavoro. Si tratta, quindi, di un soggetto apicale del sistema di salute e sicurezza sul lavoro aziendale, legato da un rapporto diretto con il datore di lavoro che, secondo la giurisprudenza della S.C. di Cassazione, non ha un ruolo operativo ma, per effetto delle attribuzioni riconosciute dall’art. 33 del D.Lgs. n. 81/2008 al SPP, si deve concludere che lo stesso ha importanti “funzioni di supporto informativo, valutativo e programmatico ma non ha poteri gestori che possano fondare un'autonoma sfera di responsabilità” ( ). Si tratta, quindi, di funzioni che rendono il RSPP un fondamentale ausiliario strategico del datore di lavoro che, pur se privo di un effettivo potere decisionale, può essere chiamato a rispondere, anche penalmente, per lo svolgimento della propria attività allorquando, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro, ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale. In altri termini, quindi, il RSPP è un consulente strutturato del datore di lavoro, legato da un rapporto privilegiato, vincolato come gli altri componenti del SPP dal segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni previste dal D.Lgs. n. 81/2008 (art. 33, c. 2). Alla luce, pertanto, di tali principi e tenuto anche conto che il D.Lgs. n.81/2008 stabilisce che “Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro” (art.33, c.3) l’attività di assistenza del RSPP implica un flusso informativo attraverso l’attività di reporting indirizzata al datore di lavoro. Tale reporting ha, per altro, natura obbligatoria e valenza fondamentale ai fini della salute e della sicurezza, così come precisato dalla S.C. di Cassazione, sez. IV pen., con la sentenza 15 maggio 2019, n. 20817, in quanto consente al datore di lavoro di adottare le necessarie misure per prevenire gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Di conseguenza, considerato anche che la nomina del RSPP si fonda su basi strettamente fiduciarie, si può ritenere che le relazioni di tale soggetto indirizzate esclusivamente al datore di lavoro nello svolgimento dei compiti specifici che il D.Lgs. n.81/2008 attribuisce a tale figura, siano coperte, in generale, da riservatezza. Al tempo stesso, però, considerato il ruolo del RSPP, che si va ad inserire all’interno di una specifica organizzazione supportando anche altre funzioni, e le finalità ad esso attribuite dal D.Lgs. n.81/2008, si può ritenere che il datore di lavoro possa anche adottare una procedura aziendale che preveda l’accesso anche di altri soggetti alle predette relazioni. Fermo restando, poi, che alle stesse può ovviamente accedere il personale degli organi di vigilanza e l’autorità giudiziaria. Resta da osservare, infine, che a tutto ciò si aggiunge l’art.50, c.1, lett.e), del D.Lgs. n.81/2008, che stabilisce che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) “riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed alle miscele pericolose59, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali”. Si tratta di un diritto riconosciuto dal legislatore al RLS che si pone in funzione strumentale e preordinata all’esercizio dei compiti di partecipazione e di controllo e, come tale, è circoscritto solo alle informazioni e ai documenti relativi alla salute e sicurezza sul lavoro; tuttavia, è innegabile che tale formulazione presenta molteplici ambiguità, ereditate dall’art. 19, c.1, lett. e) del D.Lgs. n. 626/1994, tali da rappresentare un profilo problematico. Infatti, una specifica disciplina in tal senso è stata dettata dal legislatore solo con riferimento ad alcuni documenti (si pensi, ad esempio, al diritto di accesso al documento di valutazione dei rischi da parte del RLS, regolato dall’art.18, c.1, lett. o, del D.Lgs. n.81/2008). Comunque, alla luce dei predetti principi e fermo restando quanto sopra osservato, non sembra che tale diritto di accesso si estenda anche alle relazioni indirizzate dal RSPP in via esclusiva al datore di lavoro mentre, invece, tale diritto si può ritenere sussistente, tra l’altro, sia per il verbale di riunione periodica che per i suoi allegati (art.35, c.5, del D.Ls. n.81/2008).

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