Contenzioso

Per la Cassazione il procacciatore d’affari svolge attività occasionale

di Alberto Venezia

Con la sentenza 1974/2016 la Corte di cassazione torna a pronunciarsi sui criteri di qualificazione dei rapporti di procacciamento d'affari e in particolare sulle differenze rispetto al contratto di agenzia.

L'occasione è data da una vertenza sorta tra l'Enasarco e un imprenditore relativa a contributi previdenziali non corrisposti con riferimento ad alcuni collaboratori inquadrati come procacciatori e qualificati dalla fondazione come agenti di commercio, soggetti agli obblighi d’iscrizione e di versamento dei relativi contributi.

Dal punto di vista pratico, lo svolgimento dell'attività non diverge in maniera sostanziale nelle due figure, posto che per entrambe l'oggetto principale dell'incarico è costituito dalla promozione della conclusione di contratti. Le differenze sono costituite dalle modalità con le quali l'attività di collaborazione viene svolta, dall'assenza di continuità e stabilità del procacciatore, che svolge il suo compito in maniera occasionale e, ciò che più rileva, senza assumere alcun “obbligo” di svolgere attività promozionale.

In altri termini il procacciatore è libero di svolgere o meno attività di promozione, senza obblighi di sorta e con la mera facoltà, di norma in forza di semplici autorizzazioni, di segnalare potenziali affari. A questa pressoché totale assenza di obblighi è correlata una totale assenza di tutela del procacciatore, al quale non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1742 -1752 del codice civile in tema di contratto di agenzia e segnatamente gli articoli 1743 in tema di esclusiva, l'articolo 1750 sui termini minimi di preavviso, l'articolo 1751 in tema di indennità di fine rapporto e l'articolo 1751 bis sul patto di non concorrenza.

Non sussiste inoltre l'obbligo di iscrizione del procacciatore all'Enasarco, né il correlato obbligo di versamento dei contributi. Considerando la parziale similitudine dell'attività in concreto svolta e la totale assenza di tutela del procacciatore, la figura è talvolta utilizzata al fine di eludere la normativa del contratto di agenzia o per testare le qualità di un potenziale collaboratore.

La pronuncia in commento, dopo aver correttamente precisato che i caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e stabilità dell'attività dell'agente in una zona determinata, con obbligo di svolgere attività di promozione, mentre caratteristiche del procacciamento d'affari sono una più limitata attività di raccolta delle ordinazioni dei clienti, in via episodica e senza stabilità, con la conseguenza che la relativa prestazione dipende dalla sua iniziativa (Cassazione 19828/2013; 13629/2005), ha tratto dai predetti principi un corollario che non può ritenersi condivisibile e più precisamente: «..il rapporto di procacciamento d'affari è episodico, ovvero limitato a singoli affari determinati, è occasionale, ovvero di durata limitata nel tempo ed ha ad oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini e non l'attività promozionale di conclusione di contratti».

Tali affermazioni non sono condivisibili, posto che anche il procacciatore svolge certamente attività di promozione rilevando esclusivamente l'assenza di obbligo di svolgerla e non potendo conseguentemente optarsi per una qualificazione in termini di agenzia esclusivamente in funzione della mole di affari promossi o della durata.

Resta da segnalare l'opportunità di utilizzare il procacciatore con prudenza, trasformandolo in agente non appena l'attività assuma caratteri stabili con ordini in crescita, per evitare ipotesi di riqualificazione che oltre ad avere indubbi riflessi dal punto di vista previdenziale possono avere un impatto ben più rilevante sotto il profilo della disciplina applicabile.

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