Contenzioso

Valido il contratto per il giornalista pubblicista corrispondente dall’estero

di Valeria Zeppilli

Il giornalista che svolge l'attività di corrispondente da una capitale estera quale dipendente di un'azienda giornalistica può essere, per legge, solo un professionista.
Ma cosa accade se tale posizione è assunta da un soggetto iscritto nell'elenco dei pubblicisti? Tale circostanza comporta la nullità del contratto?

La risposta, per la Corte di cassazione (sezione lavoro, 12344/2021), è no: per il tempo in cui il rapporto di lavoro ha avuto esecuzione si producono gli effetti di cui all'articolo 2126 del Codice civile.Prima di affermare il riconoscimento del diritto alle differenze retributive ai sensi dell'articolo 2126, in ogni caso, è fondamentale accertare, laddove sia incerta, la natura effettiva della prestazione resa dal giornalista non iscritto all'albo dei professionisti e, quindi, se si tratti di lavoro autonomo o di lavoro subordinato, al di là di quanto formalmente pattuito.In ogni caso, anche se viene accertata la natura subordinata di un rapporto di lavoro giornalistico, il giudice può solo riconoscere il diritto alle differenze retributive ai sensi del primo comma della predetta disposizione e non può ordinare la riassunzione del lavoratore per illegittimo licenziamento.È insomma escluso il diritto di continuare a rendere la prestazione o di pretendere che venga eseguita.

La recente pronuncia merita di essere segnalata anche per un ulteriore passaggio che interessa un aspetto, il quale, nei rapporti di lavoro giornalistico (ma non solo) viene spesso in rilievo: la legge applicabile al rapporto sorto, eseguito e risolto all'estero.La normativa di legge prevede, infatti, che l'applicazione della legge straniera trovi un limite nella nozione di "ordine pubblico". Più in particolare, in base a quanto stabilito dall'articolo 16 della legge 218/1995, la legge straniera non può essere applicata se produce effetti contrari all'ordine pubblico.Orbene, la Cassazione si è soffermata proprio sulla nozione di ordine pubblico, affermando che la stessa va desunta in primo luogo dalle tutele approntate a livello sovraordinato, quindi facendo riferimento alla tutela del lavoro di cui agli articoli 1, 4 e 35 della Costituzione e, in secondo luogo, dalle garanzie che la Carta di Nizza, cui il trattato di Lisbona ha attribuito lo stesso valore giuridico dei trattati, appronta ai diritti fondamentali.

Più in generale, come si legge nella pronuncia, «i parametri di conformità all'ordine pubblico internazionale devono essere rinvenuti in esigenze (comuni ai diversi ordinamenti statali) di garanzia di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, o nell'insieme dei valori fondanti dell'ordinamento in un determinato momento storico».

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