Contenzioso

Dirigenti licenziabili anche per il Tribunale di Milano

di Angelo Zambelli

Dopo la sentenza 3605/2021 del Tribunale di Roma del 19 aprile, anche il Tribunale di Milano ha affermato che il blocco dei licenziamenti previsto dall'articolo 46 del decreto legge 18/2020 non si applica ai dirigenti.

Con un'ordinanza del 17 giugno, il Tribunale di Milano ha rigettato la tesi del ricorrente, secondo cui il licenziamento intimato sarebbe nullo per violazione delle norme emergenziali sopra richiamate, sulla base di una serie di considerazioni di tipo letterale ma anche sistematico.

In primo luogo, l'articolo 46 del Cura Italia include espressamente nel divieto di licenziamento il recesso per “giustificato motivo oggettivo” previsto dall'articolo 3 della legge 604/1966, disposizione, quest'ultima, che pacificamente non si applica ai dirigenti per espressa previsione normativa (articolo 10 della stessa legge) e per consolidato principio giurisprudenziale.

In secondo luogo, il dato letterale dell'articolo 46 è anche coerente con la ratio della normativa emergenziale che affianca al blocco dei licenziamenti una generalizzata possibilità per tutte le aziende di ricorrere agli ammortizzatori sociali il cui costo è a carico della collettività. Il risultato finale è, allora, una ragionevole “simmetria” tra il divieto di licenziamenti e il soccorso della collettività generale. Tuttavia, ai dirigenti non è consentito accedere agli ammortizzatori sociali. Pertanto, ove il divieto di licenziamenti riguardasse anche questi lavoratori, della categoria dei dirigenti dovrebbe farsi carico esclusivamente il datore di lavoro, pur in presenza di motivi che ne giustificherebbero il recesso.

A queste considerazioni, già affermate dal Tribunale di Roma, il Tribunale di Milano ne aggiunge altre: una di tipo storico (dal blocco dei licenziamenti disposto nel dopoguerra erano esclusi i dirigenti proprio in ragione della loro specialità categoriale); l'altra incentrata sull'evoluzione della normativa emergenziale in questione. Il legislatore, infatti, pur avendo avuto due occasioni di intervento, sia in sede di conversione del Dl 18/2020 sia nell'ambito del Dl 34/2020 (che ha apportato delle modifiche alla disciplina in commento), ha lasciato immutata la parte dell'articolo 46 relativa ai licenziamenti individuali.

Inoltre, la diversità di trattamento prevista a seconda che il licenziamento del dirigente sia di tipo individuale o collettivo (solo quest'ultimo incluso nel blocco) non violerebbe, secondo il Tribunale di Milano, il canone di ragionevolezza contenuto nell'articolo 3 della Costituzione, in quanto si tratterebbe di due fattispecie ben distinte. Come non vi sarebbe un'irragionevole disparità di trattamento tra dirigenti e le altre categorie di lavoratori subordinati in quanto trattasi di “situazioni lavorative di fatto e di diritto decisamente differenti”.

Anche alla luce della pronuncia del Tribunale di Milano, l'ordinanza del 26 febbraio 2021, con la quale il Tribunale di Roma ha discutibilmente incluso i dirigenti nel blocco dei licenziamenti, risulta ancor di più un precedente isolato nel panorama giurisprudenziale italiano smentito non solo dal medesimo Tribunale capitolino, ma anche da quello lombardo.

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