Contenzioso

Valutazione caso per caso delle ipotesi di licenziamento tipizzate nella pubblica amministrazione

di Valeria Zeppilli

Il testo unico sul pubblico impiego (Dlgs 165/2001), a seguito delle modifiche apportate dal decreto legislativo 150/2009, tipizza oggi alcune ipotesi di infrazione commesse dal lavoratore da considerarsi particolarmente gravi e, in quanto tali, idonee a giustificare il licenziamento. Si tratta di casistiche che si aggiungono alle ipotesi più generali di licenziamento per giusta causa e di licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Tra queste fattispecie di recesso tipizzato rientra quella dell'assenza priva di giustificazione per più di tre giorni nell'arco di un biennio, che è stata oggetto della pronuncia 17600/2021 della Corte di cassazione . In particolare, la questione riguarda la discrezionalità che eventualmente residua in capo alla Pa che si trova di fronte a un'ipotesi di mancanza tipizzata dal legislatore. Più precisamente ci si è chiesti se, qualora tale mancanza si verifichi, il licenziamento si ponga come conseguenza automatica e necessaria o se, piuttosto, l'amministrazione abbia comunque il potere-dovere di controllare la portata effettiva dell'illecito. In altre parole, ci si è domandati se, anche a seguito della riforma del 2009, è comunque sempre necessario tenere conto delle circostanze del caso concreto e graduare la sanzione da irrogare verificando se in effetti ricorre una giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

La Corte di cassazione, nel rispondere al quesito, ha deciso di dare continuità alla posizione assunta nella pronuncia 18326/2016, nella quale era stato già affermato che se, da un lato, è vero che il legislatore ha inteso cristallizzare la gravità della sanzione da un punto di vista oggettivo e ha previsto, quindi, delle condotte del lavoratore specificamente riconducibili a ipotesi tali da legittimare il licenziamento, allo stesso tempo è stata lasciata comunque la possibilità di accertarsi che, nel caso di specie, sussista l'elemento intenzionale o colposo e, quindi, di verificare se la condotta tenuta dal lavoratore possa essere in qualche modo scriminata.

Con particolare riferimento all'assenza non giustificata, quindi, il lavoratore può "salvarsi" dal licenziamento laddove riesca a dimostrare all'amministrazione (ed eventualmente, in un secondo momento, al giudice) la sussistenza di circostanze che gli hanno impedito di svolgere la prestazione lavorativa e che quindi la sua condotta, pur coincidendo con la tipizzazione oggettiva effettuata dal legislatore del 2009, deve considerarsi giustificata.

Sul punto la Corte, scendendo ancora più nel dettaglio, ha ulteriormente specificato che, se l'assenza dal lavoro deriva da malattia, non è sufficiente per il lavoratore avvisare il datore di lavoro della motivazione alla base della sua mancata presenza in servizio, ma è indispensabile che egli si attivi rivolgendosi a una struttura sanitaria pubblica o a un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale che attesti e certifichi il suo stato di salute. In mancanza di tale certificazione, è ben possibile un licenziamento senza preavviso.

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