Contenzioso

Cigo ai tempi del Covid-19: non può considerarsi in alcun modo un'alternativa al licenziamento

Con ricorso di urgenza ex art. 700 c.p.c., un lavoratore adduceva l'illegittimità del provvedimento

di Antonella Iacobellis

Con ricorso di urgenza ex art. 700 c.p.c., un lavoratore adduceva l'illegittimità del provvedimento di collocamento in C.I.G.O. a zero ore con causale Covid-19, in quanto privo dei presupposti legali e adottato, infatti, non già:
– per far fronte ad eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti,
– tenuto conto dell'art.19 del D.L. n. 18/2020,
bensì a mero fine ritorsivo e comunque per attuare politiche di riorganizzazione aziendale dettate da ragioni di convenienza economica.
Il ricorrente quindi lamentava che, nel tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, lo stesso avrebbe potuto subire un pregiudizio imminente e irreparabile, in considerazione della drastica riduzione in atto della retribuzione a lui contrattualmente spettante, nonché del danno alla sua professionalità derivante dalla sospensione dalla prestazione lavorativa.
La resistente si costituiva in giudizio con memoria difensiva richiedendo il rigetto del ricorso in quanto inammissibile e/o comunque infondato.
L'INPS si costituiva in giudizio manifestando la propria posizione neutra di "attesa" rispetto all'accertamento oggetto di domanda.
Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 30 giugno 2021, dopo aver deciso sulle questioni preliminari, in merito al fumus bonis iuris (consistente, come noto, nella fondatezza del diritto a salvaguardia del quale si intende richiedere la tutela) rilevava che dall'istruttoria della presente fase caratterizzata da una cognizione sommaria, appariva verosimile l'illegittimità del provvedimento della sospensione della prestazione lavorativa del ricorrente con contestuale collocamento dello stesso in C.I.G.O. con causale Covid-19 ad ore zero.
L'istituto della cassa integrazione salariale ordinaria, ribadiva il giudice di prime cure, integra o sostituisce la retribuzione dei lavoratori a cui è stata soppressa o ridotta l'attività lavorativa per situazioni così individuate dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 95442 del 15 aprile 2016:
a) situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
b) situazioni temporanee di mercato.
Precisava ancora il tribunale di primo grado che per rendere maggiormente più fruibile lo strumento, è intervenuto il D. L: n. 18/2020 che all'art. 19 ha previsto che "i datori di lavoro che […] sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale" quindi consentendo la fruizione dello strumento C.I.G.O. per fronteggiare l'emergenza pandemica da Covid-19 ma soltanto se il fruitore versa in uno stato di oggettiva difficoltà aziendale.
Si legge nel provvedimento romano che tale situazione non era rinvenibile nel caso di specie, non costatandosi alcuna compressione dell'attività produttiva né uno stato di sopravvenuta difficoltà economiche.
Né peraltro è in linea con la ratio della cassa integrazione la motivazione addotta dalla resistente per giustificare il collocamento del dipendente in C.I.G.O.: l'impossibilità legale di procedere al suo licenziamento.
Preso atto dell'esistenza del fumus bonus iuris, invece, con riferimento al periculum in mora (il timore che nel tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, quest'ultimo sia minacciato da un danno grave irreparabile) osservava il giudicante che il ricorrente è inquadrato al VII livello - CCNL Metalmeccanica - Aziende industriale cui appartengono coloro che possiedono notevole sperienza acquisita a seguito del prolungato esercizio delle funzioni… La sospensione dal lavoro in C.I.G.O., a dire del Tribunale di Roma, avrebbe messo a rischio proprio il profilo del "prolungato esercizio delle funzioni", circostanza meritevole, dunque, di tutela in via d'urgenza assieme al profilo dell'esiguità dell'integrazione salariale tale da compromettere la situazione personale e familiare del lavoratore.
Il Tribunale di Roma con la decisione del 30 giugno 2021 dichiarava, pertanto, l'illegittimità della C.I.G.O. e la riammissione in servizio del lavoratore non riconoscendo tuttavia in suo favore alcun importo risarcitorio in relazione all'asserito danno non patrimoniale all'immagine e alla professionalità patito, in quanto la dichiarazione di illegittimità della sospensione dal lavoro sarebbe da considerarsi di per sé idonea ad evitare il lamentato pregiudizio (e "dall'altro, essendo il risarcimento rimedio di natura patrimoniale e come tale differibile").

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©