Contenzioso

Pienamente utilizzabili le videoregistrazioni all’interno di locali aziendali

di Antonella Iacobellis

La Corte d'appello di Venezia, sezione lavoro, con la sentenza 476 del 28 giugno 2021, pubblicata il 5 luglio 2021, ha ritenuto pienamente utilizzabili le videoregistrazioni delle telecamere presenti all'interno di locali aziendali, utilizzate dal datore (una casa da gioco) per contestare a una dipendente una serie di condotte in violazione delle procedure aziendali e penalmente rilevanti (furto e appropriazione indebita).

Le condotte contestate alla dipendente cassiera si concretizzavano nell'appropriazione di denaro - attraverso vari artifizi - dalla cassa aziendale, per colmare degli ammanchi a lei imputabili nell'attività di pagamento delle vincite della clientela e per realizzare delle plusvalenze a proprio vantaggio.Tutte condotte che avevano fondato e legittimato, a dire del datore di lavoro, il licenziamento per giusta causa irrogato nei confronti della lavoratrice.

La Corte d'appello, nella decisione, – pur tenendo conto dell'articolo 1 dell'accordo sindacale, secondo cui gli impianti audiovisivi sarebbero «funzionali alle esigenze del gioco e di tutte le attività connesse, al fine di tutelare da eventuali contestazioni, di non sempre agevole soluzione, sia la clientela che gli impiegati della cassa da gioco», ammettendo, quindi, che le informazioni così ricavabili potessero essere utilizzate solo «a discolpa» di clientela e impiegati,– valorizzava soprattutto la parte dell'accordo sindacale - in cui si legge che «ritenendo dunque che l'accettazione di un tale sistema non comporti l'utilizzazione di dati ottenuti mediante gli impianti di controllo a distanza per fini di procedimento disciplinare, neanche quando occasionalmente si sia venuti a conoscenza – da parte della direzione aziendale – di eventuali mancanze del lavoratore, se non per casi di particolare rilevanza o gravità sempre e comunque accompagnati da un'istruttoria da parte della direzione dei giochi» - secondo cui si legittimava l'utilizzo di predette informazioni anche per fatti «a carico» dei dipendenti che come nel caso di specie, fossero ritenuti «di particolare rilevanza o gravità».

La Corte d'appello, peraltro, evidenziava che:
– risultava provato che la dipendente era pienamente informata dell'esistenza delle telecamere;
– dall'impianto probatorio risultante dagli atti di causa e dalle informazioni ricavate dalle telecamere, emergeva che la dipendente aveva assunto più volte posture non naturali (in particolare si legge nelle relazioni «che la cassiera effettuava uno strano movimento… con la mano destra sembrava avesse preso dal cassetto qualche cosa e, tenendola stretta nella mano stessa, prima portava il braccio lungo il fianco destro… e poi sporgendosi in avanti con il corpo, sopra il cassetto contenente le banconote, continuava a lavorare utilizzando esclusivamente la mano sinistra» e ancora che la stessa effettuava «cambi di mance in modo confuso rispetto alle procedure in essere»);
– il comportamento della lavoratrice irregolare rispetto alle procedure era, peraltro, confermato dai colleghi che lo ritenevano «eclatante» alla luce delle, posture «tipiche di chi ha furtivamente sottratto qualcosa e cerca di dissimulare la sottrazione, tenendo l'oggetto sottratto nel pugno continuando a lavorare con l'altra mano» e che almeno 4 dipendenti con funzioni di ispezione, supervisione e controllo avevano notato un comportamento anomalo ella lavoratrice;
– dall'esame di distinte di cassa, di estratti del sistema informativo aziendale e di mandati di pagamento erano emersi ammanchi e operazioni che alla lavoratrice avevano portato plusvalenze;
– la lavoratrice non era stata in grado di dare spiegazioni alternative se non definendo i propri comportamenti anomali come «tic/vizio».

A fronte di tutto quanto sopra, la Corte d'appello aveva ritenuto tale comportamento, avuto riguardo alla tipologia della attività del datore di lavoro (casa da gioco in cui notoriamente circolano ingenti flussi di denaro) e delle mansioni svolta dalla lavoratrice come cassiera, tanto grave da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, dovendosi ritenere integrata la causale della giusta causa del licenziamento.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©