Contenzioso

Nel pubblico impiego l’anzianità di servizio non va salvaguardata in assoluto

di Valeria Zeppilli

Nell'ambito del pubblico impiego, non è automatico che il lavoratore, in caso di trasferimento, conservi la propria anzianità di servizio, dato che quest'ultima non rappresenta di per sé un diritto del dipendente. Anzi, nell’ordinanza 31476/2021 la Corte di cassazione ha chiarito che l'anzianità va salvaguardata in assoluto solo in specifiche ipotesi, ovvero solo quando dalla stessa derivino dei benefici economici.

In buona sostanza, quindi, il lavoratore pubblico trasferito (nel caso di specie, dall'ente locale allo Stato) può vantare delle pretese connesse all'anzianità di servizio esclusivamente nel caso in cui il trattamento retributivo goduto prima del trasferimento rischi di essere penalizzato a causa del mancato riconoscimento. La ragione alla base di questo assunto risiede nel fatto che il nostro ordinamento giuridico garantisce la conservazione esclusivamente ai diritti che sono entrati a far parte del patrimonio del titolare e non certo a quelli che si estrinsecano in delle semplici aspettative.

A livello pratico, ciò vuol dire che il lavoratore non può far valere la propria anzianità pregressa per tentare di ottenere delle ricostruzioni di carriera sulla base della disciplina giuridica applicabile al cessionario o per migliorare la propria posizione giuridica e/o economica. La stessa logica ispira anche l'ulteriore principio di diritto ribadito dalla Corte di cassazione nell'ordinanza in commento e frutto di un orientamento da tempo consolidato in giurisprudenza, in forza del quale, laddove vi sia passaggio di personale a seguito di trasferimento di attività, la base di calcolo ai fini della quantificazione dell'assegno personale accoglie al suo interno solo le voci retributive che vengono corrisposte continuativamente e in maniera fissa.

Restano invece esclusi gli emolumenti variabili o provvisori, che sono precari e accidentali e che, in quanto tali, non costituiscono un elemento sul quale il dipendente può riporre affidamento. Non rientrano nella base di calcolo, inoltre, neanche gli emolumenti connessi a delle particolari condizioni di lavoro o che derivano dal raggiungimento di obiettivi specifici e il cui ammontare è frutto di appositi stanziamenti subordinati al superamento positivo della valutazione di compatibilità con le esigenze finanziarie dell'amministrazione.

A fronte di ciò, non può quindi dirsi che il lavoratore coinvolto in un trasferimento di impresa abbia subito un peggioramento sostanziale della propria retribuzione, in contrasto con la disciplina europea, se, dopo aver comparato globalmente il trattamento economico precedente con quello successivo, non risulti una diminuzione certa del compenso che sarebbe stato corrisposto laddove il rapporto fosse proseguito con il cedente alle medesime condizioni lavorative. Non rilevano, insomma, gli importi pur percepiti prima del passaggio, ma solo occasionalmente e senza possibilità per il lavoratore di fare sicuro affidamento sugli stessi, in quanto connessi a variabili qualitative e quantitative della prestazione lavorativa.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©