Contenzioso

La colpa organizzativa non va confusa con il reato dei manager

di Giovanni Negri

Non basta l’assenza di modelli organizzativi per sanzionare l’impresa per la violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. E poi, la colpa di organizzazione, condizione per la responsabilità dell’ente, non può essere confusa o sovrapposta a quella del dipendente o anche dell’amministratore. Inoltre, all’organismo di vigilanza non possono essere attribuiti compiti impropri nel sistema di gestione dei profili di sicurezza.

Queste le conclusioni raggiunte dalla Cassazione con la sentenza n. 18413/2022 della Quarta sezione penale, depositata il 10 maggio scorso, con la quale è stata annullata la condanna inflitta in primo grado e confermata in appello nei confronti di una srl ritenuta responsabile per l’infortunio di una lavoratrice.

La condanna aveva, tra l’altro, valorizzato la mancanza di un modello organizzativo indirizzato al presidio del livelli di sicurezza e a pesare era stata soprattutto l’assenza di un organismo di vigilanza che verificasse in maniera sistematica la rispondenza dei macchinari aziendali alle direttive comunitarie.

La Cassazione, tuttavia, ricorda come a monte ci sia, sulla base di quanto previsto dal decreto 231 del 2001, una sostanziale equiparazione tra la funzione ascritta alla colpa di organizzazione da imputare all’impresa e la colpa da attribuire alla persona fisica colpevole del reato. In questo contesto, allora, la mancata adozione o l’inefficace applicazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione delineati dal decreto 231 e dal Testo unico su salute e sicurezza (decreto legislativo n. 81 del 2008) «non può assurgere ad elemento costitutivo della tipicità dell’illecito dell’ente ma integra una circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione, la quale va però specificamente provata dall’accusa, mentre l’ente può dare dimostrazione dell’assenza di tale colpa».

Inoltre, se anche i vertici dell’impresa, i suoi amministratori, sono stati riconosciuti colpevoli del reato di lesioni personali colpose a causa di specifiche omissioni e violazioni delle misure di prevenzione, questo non significa una immediata traslazione di questa responsabilità in capo all’impresa. L’accusa doveva invece dimostrare, per giustificare il capo d’imputazione a carico dell’ente, le carenze organizzative come elemento determinante nel favorire le condizioni del reato.

A corroborare ulteriormente una certa disinvoltura dell’impianto accusatorio c’è infine, per la Corte di cassazione, la confusione, quanto alle prerogative dell’organismo di vigilanza, tra i compiti inseriti nel sistema di gestione della sicurezza e quelli previsti dal decreto 1231, piuttosto attinenti alla verifica della corretta attuazione dei modelli organizzativi.

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