Contenzioso

Indebito conguaglio e soglia di punibilità

di Silvano Imbriaci

La Sezione VI penale della Cassazione nella sentenza 20531/2022 si occupa del calcolo dell'indebito conguaglio (da parte del datore di lavoro) di prestazioni previdenziali spettanti al lavoratore, ai fini della valutazione del superamento della soglia di punibilità prevista dalla norma penale di riferimento (articolo 316-ter del Codice penale).

La fattispecie di partenza è quella classica, del datore di lavoro che porta a compensazione della contribuzione corrente una prestazione previdenziale (in questo caso l'indennità di maternità) che avrebbe dovuto anticipare al lavoratore, ma che nei fatti ha omesso di corrispondere (indebito conguaglio).

La giurisprudenza, storicamente, ha inteso inquadrare tale condotta in differenti reati: ora come appropriazione indebita, ora come truffa, da ultimo come indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato (articolo 316-ter del Codice penale).

In particolare, mentre nella truffa viene valorizzato l'artificio consistente nella fittizia esposizione delle somme corrisposte al lavoratore assieme all'induzione in errore dell'ente previdenziale, nel reato di indebita percezione non sono riscontrabili in realtà gli artifici e raggiri e manca anche il possesso materiale delle somme indebitamente percepite dal datore di lavoro.

La stessa Corte costituzionale ha affermato che il reato di cui all'articolo 316-ter ha carattere residuale rispetto al reato di truffa (articolo 640-bis del Codice penale) intendendo coprire proprio quelle fattispecie in cui non vi sia una conclamata frode, ma risulti comunque un comportamento meritevole di sanzione penale (Corte costituzionale 95/2004). Ciò che rileva è la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere da cui derivi il conseguimento indebito di erogazioni da parte dello Stato o di altri enti pubblici, erogazioni che possono consistere anche in un risparmio di spesa (compensazione). L'ente non viene effettivamente indotto in errore, perché in realtà si rappresenta correttamente solo l'esistenza della formale attestazione del richiedente (Cass. Sez. Un. Penali, n. 7535/2010). Acquisita tale qualificazione giuridica della condotta, il discorso della Cassazione si concentra sul criterio di computo della soglia di punibilità stabilita dall'articolo 316-ter del Codice penale (quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a 3.999,96 euro si applica soltanto la sanzione amministrativa, il cui importo non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito).

Il meccanismo è regolato dalla legge 326/2003: i datori di lavoro comunicano mensilmente all'Inps i dati retributivi e le informazioni utili al calcolo dei contributi e fra queste anche le anticipazioni erogate al lavoratore per conto dell'Istituto (ad esempio, malattia, maternità). Tale comunicazione deve pervenire entro l'ultimo del mese successivo a quello di competenza. Sulla base poi di tale comunicazione, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione da parte del lavoratore dipendente, i datori di lavoro devono effettuare il versamento della contribuzione compensando le somme che hanno anticipato al lavoratore. Nel caso in cui la compensazione sia effettuata, ma non risulti anticipata l'indennità al lavoratore, si integra la fattispecie di cui all'articolo 316-ter del Codice penale: il datore di lavoro versa una quota minore di contribuzione e lucra sul risparmio effettivo che si è procurato. La soglia di punibilità cui fa riferimento l'articolo 316-ter deve tener conto della somma complessiva indebitamente percepita. Ma occorre comunque considerare in qual modo si articola la condotta. Nel caso in cui le indebite erogazioni conseguono a una singola e unitaria condotta tipica da cui derivano condotte dilatate nel tempo (una somma unitaria percepita indebitamente in un arco temporale più vasto), occorre considerare la somma complessivamente erogata, in quanto il comportamento iniziale ha già esaurito l'indebita erogazione.

Nel caso di specie, affrontato dalla Cassazione in commento, la situazione è però diversa. L'intero ammontare che deve essere calcolato ai fini della soglia di punibilità non corrisponde a quanto in totale sarebbe spettato alla lavoratrice e non è stato versato; deve infatti essere valutata la singola mensilità nella quale doveva essere erogata (o è stata solo parzialmente erogata) l'indennità a favore della lavoratrice, mese per mese. È dunque irrilevante che il beneficiario consegua in momenti diversi contributi che, sommati tra loro, determinerebbero il superamento della soglia, in quanto rileva il solo conseguimento della somma corrispondente a ogni singola condotta percettiva (cfr. Cass. Sez. VI pen., n. 31223/2021).

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