Contenzioso

Legge 104, la vacanza del posto non basta a dare al lavoratore il diritto di sceglierlo

Tra i benefici concessi vi è anche il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e di non essere trasferiti senza il proprio consenso presso un'altra sede. Tale diritto, sancito dal quinto comma dell'articolo 33, non può tuttavia reputarsi assoluto e illimitato

di Valeria Zeppilli

Tra i benefici concessi dalla legge 104 del 1992 vi è anche il diritto, per i lavoratori dipendenti del settore sia pubblico che privato che assistono una persona con handicap in situazione di gravità, di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e di non essere trasferiti senza il proprio consenso presso un'altra sede.

Tale diritto, sancito dal quinto comma dell'articolo 33, non può tuttavia reputarsi assoluto e illimitato, in quanto la stessa disposizione normativa, nel prevederlo, aggiunge che lo stesso può essere esercitato "ove possibile". Si tratta di un inciso che la Corte di cassazione, in più occasioni e anche nei giorni scorsi (sezione lavoro, 27 giugno 2022, n. 20523), ha interpretato come teso a bilanciare l'interesse del lavoratore a ottenere o mantenere una determinata sede di lavoro con quello economico-organizzativo del datore di lavoro.

Soprattutto nel pubblico, ove a venire in rilievo è anche l'interesse della collettività, è innanzitutto il datore di lavoro a dover valutare se un posto possa reputarsi disponibile per il lavoratore che beneficia della legge 104.

In altre parole, il diritto di scelta del lavoratore non può in nessun modo ledere le esigenze economiche, organizzative o produttive del datore di lavoro né tantomeno, se quest'ultimo coincide con una pubblica amministrazione, arrecare un danno agli interessi della collettività.

Oltretutto, come ricorda la Corte di cassazione, il beneficio disciplinato dall'articolo 33 è di certo uno strumento con il quale si sostengono le persone in condizione di handicap (seppur indirettamente, in quanto il destinatario diretto della previsione normativa è il familiare che presta assistenza), ma sicuramente non è l'unica tutela della solidarietà assistenziale.

Ciò considerato, e soffermandoci più in particolare sull'ipotesi del lavoro pubblico in cui a venire in rilievo non è il semplice interesse datoriale, la vacanza del posto non è quindi una condizione sufficiente a rendere assoluto e illimitato il diritto di scelta della sede da parte del lavoratore, in quanto la stessa deve essere accompagnata dalla decisione della PA di renderla disponibile coprendo il posto. L'amministrazione, infatti, è completamente libera di scegliere se coprire una vacanza o se privilegiare soluzioni differenti, pur sempre nel rispetto dei principi di imparzialità e di buon andamento cui deve ispirare la propria attività.

In conclusione, il diritto di scelta riconosciuto dall'articolo 33 della legge 104 al lavoratore che assiste una persona affetta da handicap è sempre recessivo rispetto all'esigenza di servizio e, nel pubblico impiego, trova nella vacanza, per utilizzare le parole della Corte di cassazione, "una mera potenzialità" che diventa attualità solo a fronte di una specifica decisione della pubblica amministrazione di renderla disponibile.

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