Contrattazione

Germania, il ritorno degli scioperi

di Isabella Bufacchi

I lavoratori del potente sindacato IG Metall, che rappresenta 3,9 milioni di metalmeccanici e ingegneri elettronici, hanno incrociato le braccia da ieri fino a venerdì. Lo sciopero, che dura una giornata e si articola a macchia di leopardo nei diversi Laender per colpire tra le 260 e le 275 aziende, alza la pressione su una trattativa per ora in stallo e incentrata su due richieste: aumento dei salari, (6%)e maggiore flessibilità (facoltà del lavoratore di passare da 35 a 28 ore settimanali e andare in part-time per due anni per poi tornare ad occupare lo stesso posto di lavoro a tempo pieno). Sembrano però finiti i tempi in cui IG Metall scuoteva la Germania e faceva da traino per tutti i lavoratori, come la conquista delle 40 ore settimanali negli anni ’60 e delle 35 ore negli anni ’80-’90. Il mercato del lavoro tedesco è dominato dall’industria dei servizi, il divario tra settore terziario (basso o zero aumento produttività) e manifatturierio (alta produttività) si sta allargando a livelli di guardia, lanciando l’allarme disuguaglianza.

Il terziario assorbe il 70% circa della forza lavoro con stipendi più bassi rispetto al manifatturiero e con una rappresentanza sindacale più debole e meno organizzata di IG Metall. «Negli ultimi cinque anni sono stati creati 2,2 milioni di posti di lavoro in Germania, di cui il 90% nei servizi - spiega Dr Joerg Zeuner, capo economista di Kfw, la Cdp tedesca - la bassa produttività nei servizi ha tenuto a freno i salari». Ma aggiunge: «Nei servizi ci sono più Pmi rispetto al manifatturiero e questo spiega la minore presa sindacale. La disoccupazione non è stata mai così bassa dalla riunificazione, c’è un boom economico e in termini reali i salari negli ultimi anni sono saliti senza mettere in pericolo la stabilità dei prezzi».

Le conquiste di IG Metall difficilmente faranno da traino ai servizi, i fondamentali dei due settori sono diversi. «Non credo ci possa essere un effetto-cascata considerevole della trattativa di IG Metall sul settore dei servizi - afferma convinto Stefan Schilbe, capo economista per la Germania di HSBC-. Il sindacato del settore manifatturiero può chiedere un aumento dei salari motivandolo con l’incremento della produttività, dell’inflazione e dei profitti attesi ma queste argomentazioni non valgono per i servizi». Nel terziario, la scarsa produttività tiene basse le remunerazioni ma una via d’uscita c’è. Secondo Jens Suedekum, autorevole professore di economia al Düsseldorf Institute for Competition Economics (DICE), nel settore sanitario i lavoratori sono sottopagati, «mancano tra i 50mila e i 70mila assistenti sanitari, perché gli stipendi sono bassi e non attraggono manodopera e la rappresentanza sindacale è modesta. Ma molti di questi posti di lavoro dipendono dal settore pubblico, quindi i salari possono essere aumentati direttamente». Suedekum denuncia un’alta «disuguaglianza salariale» in Germania, un mercato del lavoro spaccato in due, nonostante il “miracolo dell’occupazione” la Germania resta uno dei Paesi «con le buste paga più basse» in alcuni settori. E questo nonostante il salario minimo. «Le industrie che brillano nelle esportazioni hanno fatto meglio di altre grazie anche alle riforme strutturali degli anni ’90», sostiene Suedekum, ammonendo che nel mercato del lavoro di fascia bassa - come le agenzie del lavoro temporaneo, i piccoli business - i salari in termini reali sono scesi negli ultimi decenni, anche se va detto che «in termini reali gli stipendi in media sono saliti in linea con la produttività dal 2010», perchè bisognava recuperare gli anni in cui la Germania ha fatto peggio di altri Paesi.

Non tutti sono d’accordo, però, sul grande divario del mercato del lavoro tedesco. Per il professor Joachim Ragnitz, economista dell’Ifo, esistono posti di lavoro con alti salari ed elevate specializzazioni anche nel terzario, e quindi non si può parlare di «grandi divergenze». Tuttavia, puntualizza, nel settore dei servizi sanitari, specialmente ospedalieri, le condizioni di lavoro non sono buone e la manodopera è dominata da immigrati, specialmente dall’Est Europa. Ma proprio a questo riguardo, Zeuner ribatte: «Nel 2017 lavoravano circa 180mila stranieri nel settore sanitario tedesco, l’8% dell’intera forza lavoro del settore. E soltanto 24mila aveva un mini-job». E aggiunge che tutti i lavoratori in Germania devono essere remunerati almeno con la paga minima che equivale a 8,84 euro all’ora. «Per chi lavora nelle case di cura il tetto minimo è di 10 euro».

La trattativa di IG Metall viene comunque seguita da vicino anche dal mercato finanziario e alla dalla Bce perchè la pressione salariale (che ora non c’è) aiuta a riportare l’inflazione vicina ma sotto il 2%. «Credo che i datori di lavoro accetteranno l’aumento dei salari ma non la flessibilità - pronostica Schilbe - perché le condizioni del mercato del lavoro sono strette, manca manodopera specializzata e le aziende non possono permettersi che un lavoratore specializzato decida di mettersi in part-time quando ci sono già molti posti di lavoro vacanti che non trovano manodopera adeguata». La richiesta della settimana corta cerca di riformulare il concetto di lavoro: negli anni ’90 fu Volkswagen a introdurla per un certo periodo ma lo fece per evitare 30mila esuberi.

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