Contrattazione

Lavoro autonomo e contrattazione collettiva

di Adalberto Perulli

La prospettiva espansiva del diritto del lavoro è basata su iniziative del legislatore o della giurisprudenza. Si pensi, da un lato, alla proposta, più volte avanzata di uno “statuto dei lavori”, oppure all’articolo 2, comma 1, del Dlgs 81/2015 che ha esteso la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai lavoratori etero-organizzati dal committente (oggi anche attraverso piattaforme digitali); dall’altro lato all’approccio “rimediale” che propone di applicare le tutele a prescindere dalla qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato, anche se la giurisprudenza ragiona per fattispecie e quindi a sussumere forme “grigie” nell’alveo della subordinazione, anche a costo di qualche forzatura.

In questo percorso espansivo è invece piuttosto trascurato il ruolo della contrattazione collettiva, nonostante alcune organizzazioni sindacali storiche abbiano, ormai da molti anni, cercato di creare strutture dedicate alle nuove forme di lavoro. Una situazione su cui hanno pesato diversi fattori: da un lato il tradizionale riferimento dell’attore sindacale al bacino del lavoro dipendente e al suo referente social-tipico (l’operaio della grande fabbrica); dall’altro, la difficoltà del sindacato a intercettare i bisogni e le richieste di rappresentanza collettiva degli interessi dei lavoratori autonomi, dei freelance, eccetera.

In altri sistemi giuridici questo gap è assai meno evidente, grazie a basi istituzionali più solide e a leggi che espressamente estendono i diritti di associazione sindacale e di contrattazione collettiva ai lavoratori autonomi: basti pensare alla Svezia, che già dagli anni ’40 del secolo scorso ha esteso agli autonomi il diritto di contrattazione collettiva, e dagli anni ’70 ha pure esteso agli autonomi economicamente dipendenti i diritti di informazione e consultazione collettiva.

In Italia non esiste una legge sulla contrattazione collettiva, manca una base normativa solida e promozionale per estendere la contrattazione collettiva al lavoro autonomo. Vi sono però segmenti di contrattazione, alcuni dei quali previsti dalla legge, che dovrebbero essere valorizzati al meglio per sviluppare nuove forme di contrattazione di qualità “oltre” l’ambito del lavoro subordinato standard: il modello previsto all’articolo 2, comma 2, del Dlgs 81/2015 sulle collaborazioni etero-organizzate dal committente, che consente di disciplinare questi peculiari rapporti di lavoro autonomo con accordi nazionali secondo le esigenze dello specifico settore; alcune esperienze di categoria, come quella della contrattazione collettiva del settore bancario relative a figure ibride, che vedono convivere tra le stesse parti rapporti di lavoro subordinato e distinti rapporti di lavoro autonomo per lo svolgimento di attività di consulenza finanziaria.

La contrattazione collettiva dovrebbe quindi essere valorizzata anche nel campo del lavoro autonomo, che esprime un crescente bisogno di rappresentanza e di tutela sociale, che la crisi pandemica ha notevolmente amplificato.

Per far ciò bisogna introdurre dei cambiamenti, culturali e istituzionali: nel mercato del lavoro attuale il lavoro è un concetto unitario e al contempo differenziato, che va colto in una logica di ricomposizione, come un’unitas multiplex centrata sulla persona umana, non come semplice frammentazione e dispersione tipologica dei lavori.

Vi sono segnali importanti di risveglio sindacale, soprattutto a livello sovranazionale: penso, ad esempio, alla recente iniziativa della Ces (Confederazione europea dei sindacati) sulla difesa dei lavoratori autonomi in Europa. In questo senso la contrattazione nazionale, che storicamente è servita a tenere insieme le categorie del lavoro dipendente, dovrebbe svolgere un ruolo analogo nel campo del lavoro autonomo, con maggiore efficacia di quanto abbia fatto finora. È però necessario che il legislatore intervenga attribuendo chiaramente il diritto di contrattazione collettiva al lavoro autonomo, ciò che non è stato fatto con il cosiddetto Statuto del lavoro autonomo del 2017.

Sullo sfondo resta un tema cruciale, cioè il conflitto con il diritto della concorrenza. È urgente che il diritto europeo riconosca che il lavoratore autonomo non è un’impresa e che i contratti collettivi non sono degli accordi di cartello in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Anche su questo lo scenario sta cambiando, grazie alla consultazione pubblica lanciata dalla Commissione europea che intende presentare una proposta in questa materia entro il 2021.

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