Contrattazione

Anticipo della Cig solo se la precedente è stata usata

di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

Per poter anticipare al mese di marzo l’inizio dei periodi di integrazione salariale previsti dal Dl 41/2021 rispetto alla loro naturale decorrenza fissata dal 1° aprile dall’articolo 8 del medesimo decreto, i datori di lavoro devono aver fruito integralmente delle 12 settimane di trattamenti introdotte dalla legge 178/2020; se, invece, la sospensione decorre dal 1° aprile o successivamente, l’utilizzo della cassa precedente non rileva.

Questa la conseguenza dell’integrazione apportata al Dl 41/2021 durante l’iter di conversione in legge. Nei giorni scorsi, il Senato ha infatti aggiunto all’articolo 8 il comma 2-bis, in base al quale «i trattamenti di cui ai commi 1 e 2 possono essere concessi in continuità ai datori di lavoro che abbiano integralmente fruito dei trattamenti di cui all’articolo 1, comma 300, della legge 30 dicembre 2020, n. 178». Il testo è ora all’esame della Camera.

Con questo intervento si è voluto colmare un vuoto scaturito da due norme (legge 178/2020 e Dl 41/2021) che regolamentano gli interventi di integrazione salariale con causale Covid finora previsti per il 2021. Infatti, alcuni datori di lavoro che si sono avvalsi delle 12 settimane introdotte dalla legge di Bilancio 2021 e, in continuità, hanno richiesto i trattamenti del Dl 41/2021, sono incappati in un buco di alcuni giorni. In realtà, prima ancora della disposizione legislativa in commento, una risposta era giunta con un comunicato stampa Inps del 16 aprile, subito dopo integrato con la circolare 72/2021 (si veda il Sole del 30 aprile) che anticipava l’accesso ai trattamenti del decreto Sostegni al 29 marzo 2021. Una soluzione interpretativa adottata dall’istituto di previdenza, di concerto con il ministero del Lavoro, che non poteva ritenersi esaustiva e, soprattutto, in quanto misura contenuta in un atto di tipo amministrativo, assumeva un rango inferiore rispetto alla norma. Ora la legge, con la sua attuale formulazione, sancisce una possibile continuità tra i trattamenti. Nel fare questo, tuttavia, il legislatore riporta in auge un riferimento che era stato abbandonato, vale a dire il principio del “fruito”.

In passato, quando la pandemia ha iniziato a produrre i suoi effetti, il concetto del fruito era preponderante nei provvedimenti normativi emergenziali. In taluni casi era impossibile accedere a ulteriori trattamenti di integrazione salariale se residuavano periodi concessi da norme precedenti e non effettivamente fruiti. Le notevoli problematiche gestionali che ne sono derivate hanno indotto il legislatore a modificare l’approccio. Il concetto di “fruito” è stato sostituto da “richiesto e autorizzato”. Una modalità molto più elastica che ha permesso di non dover più rendicontare all’Inps l’utilizzo effettivo di tutte le settimane richieste e a quest’ultimo di non dover controllare l’effettivo utilizzo dei periodi pregressi, operazione che, in molti casi, aveva portato al conseguente parziale e temporaneo diniego di ammissione delle domande.

In passato, la soluzione adottata dall’Inps per permettere ai datori di lavoro di presentare domande, per lo stesso periodo a integrazione di altre inoltrate in precedenza ma per settimane non ancora o non del tutto fruite, è stata quella di far allegare all’istanza un foglio excel con la rendicontazione delle settimane richieste, quelle fruite e delle residue legittimanti la nuova richiesta.

Stante l’aspetto letterale del comma 2-bis, le aziende che vogliono utilizzare la cassa del Dl 41/2021 per periodi di marzo, in continuità con i trattamenti della legge 178/2021, potrebbero essere chiamate a specificarne la relativa dinamica. Se questo si renderà necessario e con quali modalità, sarà l’Inps a doverlo comunicare.

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