Contrattazione

Lavoro, nessun effetto licenziamenti: a luglio 24mila assunzioni in più

di Claudio Tucci

A luglio ci sono stati 24mila dipendenti in più di cui 12mila permanenti, vale a dire a tempo indeterminato (i restanti 12mila sono a termine). Il tasso di occupazione è rimasto stabile al 58,4% (sul mese si registrano, in totale, 23mila occupati in meno, ma sono tutti lavoratori autonomi, -47mila; addirittura -62mila sull’anno - si veda altro servizio in pagina). Il numero di disoccupati, su giugno, è sceso di 29mila unità; -173mila nei dodici mesi. A luglio sono però risaliti gli inattivi (+28mila unità, probabilmente intercettando, da un lato, le difficoltà di partite Iva e professionisti, i meno tutelati dalle misure emergenziali, dall’altro il link ancora debole tra scuola e lavoro, che sta sfociando in tante mancate assunzioni per via di competenze non in linea con le richieste delle aziende). Piccolo miglioramento per i giovani under25, il cui tasso di disoccupazione è diminuito ancora, siamo al 27,7%; ma stazioniamo in fondo alle classifiche internazionali, peggio di noi solo Spagna, 35,1% e Grecia, 37,6% (fonte Eurostat), e restiamo distanti anni luce dalla Germania, tra i primi della classe, al 7,5% di disoccupazione giovanile, grazie anche alla formazione duale (che l’Italia, con fatica, sta tentando di rilanciare).

La fotografia (dati provvisori) relativa al mese di luglio sul mercato del lavoro scattata ieri dall’Istat ha mostrato come, nonostante lo sblocco, dal 30 giugno, dei licenziamenti nella manifattura e nelle costruzioni (per tessile-moda-calzature il divieto resta fino al 31 ottobre, come per terziario e piccole imprese) non si sia assistito allo “tsunami” paventato nei mesi scorsi da una fetta della politica e del sindacato. Tutt’altro: le imprese manifatturiere stanno assumendo (a Frosinone proprio lo scorso 1° luglio, all’indomani dello sblocco dei licenziamenti, sono stati subito assunti 23 giovani, età media 20 anni, dell’Its Meccatronico, alla presenza dei vertici di Confindustria).

Da gennaio gli occupati sono saliti di 550mila unità; e nella componente “alle dipendenze” siamo ormai tornati ai livelli di gennaio 2020, grazie soprattutto ai contratti a termine (+327mila unità da gennaio 2021). Quest’ultima componente, che comprende anche il lavoro in somministrazione, è tipicamente più reattiva al ciclo economico, e per questo, sostengono gli esperti, andrebbe sostenuta in fasi di ripresa come l’attuale per consolidare il recupero occupazionale.

Certo, rispetto a febbraio 2020 (data di inizio dell’emergenza sanitaria) mancano all’appello ancora 265mila occupati; e la fascia d’età centrale della forza lavoro sta continuando ad arrancare: sul mese si sono persi 35mila occupati tra i 35 e i 49 anni, -85mila sull’anno; dati in miglioramento rispetto alle precedenti rilevazioni, ma che risentono dei complicati processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendali ancora in corso, e che rendono ancora più urgenti riforma degli ammortizzatori e decollo dei servizi per il lavoro, ancora fermi a slide e bozze (il tavolo di confronto governo-parti sociali sulle politiche attive, in calendario oggi, è slittato all’8 settembre). Sull’anno, i dati Istat confermano il bicchiere mezzo pieno: gli occupati sono cresciuti di 440mila unità, il numero di disoccupati è in calo (173mila persone in meno che cercano un impiego), e il segno è negativo anche per gli inattivi, -484mila persone.

L’occupazione, pur registrando segnali positivi, « non cresce al ritmo della straordinaria crescita economica del Paese - ha sottolineato Lucio Poma, capoeconomista di Nomisma -. Questo perché vi sono anche molte aziende manifatturiere che lamentano di non trovare i giovani da assumere per gestire i nuovi processi di produzione». Un allarme, sulle competenze (e in particolare quelle Stem), rilanciato ieri anche dalla Cna, che ha evidenziato come più della metà delle micro imprese intenda assumere nei prossimi sei mesi, ma sta incontrando difficoltà per il mismatch.

Il sindacato è cauto: «Si intravede qualche fioca luce - è il commento di Ivana Veronese (Uil) - ma il lavoro va rimesso in moto». «Preoccupa il crollo degli autonomi - ha aggiunto Luigi Sbarra (Cisl) -. Adesso occorre consolidare la ripresa in corso, e c’è da correre su riforma di ammortizzatori e politiche attive».

Sotto la lente

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