Contrattazione

Solo tra 700mila e un milione i dipendenti fuori dai contratti

di Claudio Tucci

Se prendiamo a riferimento i lavoratori dipendenti del settore privato (dati Inps), al netto di operai agricoli e lavoratori domestici, parliamo di poco più di 13 milioni di persone. Se a questo numero sottraiamo il numero di lavoratori a cui è attribuito (flussi Uniemes) un Ccnl (12,2 milioni di persone), i lavoratori dipendenti a cui non sarebbe applicato un Ccnl oscillano (negli ultimi due anni) tra i 7/800mila e il milione. Il dato è contenuto in uno studio di Adapt, dal titolo «Una legge sul salario minimo in Italia?», pubblicato qualche giorno fa a cura di tre esperti di mercato del lavoro, Emmanuele Massagli, Diletta Porcheddu, Silvia Spattini; e che prova a fare chiarezza sull’attuale dibattito su un eventuale introduzione in Italia del salario minimo legale, dopo l’ok politico alla direttiva Ue (fermo restando - si veda Sole24Ore di ieri - che l’Europa non ci chiede il salario minimo per legge, ma ci invita a potenziare la contrattazione).

Il fatto è che il salario minimo fa riferimento al lavoro dipendente (non quindi, per intenderci a tutta l’area del lavoro autonomo-indipendente); e da noi la quasi totalità dei lavoratori è coperta dai Ccnl, come ha ricordato ieri anche il ministro della Pa, che è peraltro un autorevole economista del lavoro, Renato Brunetta: i Ccnl “seri” coprono quasi il 90% dei lavoratori. Secondo Adapt, con quelli firmati da Cgil, Cisl, Uil, siamo al 97%, secondo Inps (dato di qualche anno fa) al 99%; secondo l’Inapp (in relazione all’universo coperto dall’indagine Inapp-Ril, che esclude le imprese operanti nell’agricoltura) la quota di copertura della contrattazione collettiva “dichiarata” è pari alll’88,9% del totale dei lavoratori dipendenti.

Insomma, parliamo di percentuali elevatissime, a testimonianza del ruolo centrale (e fondamentale) che la contrattazione collettiva da sempre svolge nel nostro Paese.

Se vogliamo allargare la copertura al totale degli addetti delle imprese, includendo quindi anche le altre tipologie di lavoro diverse da quella dipendente (un’operazione tuttavia impropria, visto che il salario minimo fa riferimento all’occupazione dipendente), la copertura scende all’82,3%, comunque sopra il campanello d’allarme europeo, pari al 70% dell’occupazione totale.

Certo, il tema del lavoro “povero” è una questione seria (e da non sottovalutare); l’Istat ha stimato 3,5 milioni di unità di lavoro irregolare; e dei quasi mille Ccnl censiti dal Cnel si ipotizza che un terzo sono “pirata”. Questo per dire che le persone eventualmente escluse dalla copertura dei Ccnl, oltre ai già menzionati 7/800mila-1 milione, non sono lavoratori dipendenti a cui la contrattazione collettiva sia applicabile, sono tirocinanti, collaboratori autonomi, lavoratori occasionali, lavoratori in nero e altri lavoratori non dipendenti. In altre parole, una platea di difficile individuazione, e soprattutto su cui un eventuale salario minimo legale potrà far poco (occorrono altri strumenti).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©