Previdenza

I contributi per la maternità fuori dal rapporto di lavoro possono rivalutare solo in parte la pensione

di Silvano Imbriaci

La sentenza della Corte di cassazione 13969/2018 affronta una questione finora, a quanto consta, non trattata a livello di giurisprudenza di legittimità: gli effetti, sulla decorrenza del trattamento pensionistico, dell'accredito di contribuzione per periodi di maternità al di fuori del rapporto di lavoro.

Il caso riguarda una lavoratrice che, dopo aver presentato domanda di riscatto di periodi corrispondenti all'astensione facoltativa per maternità fuori dal rapporto di lavoro e provveduto al pagamento del relativo onere, chiede la riliquidazione della pensione di vecchiaia con il computo degli arretrati fin dall'originaria decorrenza, sul presupposto che gli effetti del riscatto debbano retroagire alla data di decorrenza della pensione.

La tesi dell'istituto previdenziale è nel senso opposto: posto che nel periodo oggetto del riscatto l'interessata non aveva in corso alcun rapporto di lavoro, il riferimento per il calcolo dell'onere finanziario del riscatto deve essere individuato nella data di entrata in vigore della norma applicata in punto di riscatto della contribuzione relativa a periodi di astensione fuori dal rapporto di lavoro (articolo 35, comma 5, del Dlgs 151/2001). E questo non consente, sempre secondo l'impostazione dell'Inps, di poter corrispondere gli arretrati con decorrenza anteriore, come invece era stato chiesto dalla ricorrente, ossia dalla data di decorrenza originaria del trattamento pensionistico (retrodatazione degli effetti del riscatto alla data di decorrenza della prestazione in virtù della clausola di salvezza prevista dall'articolo 2, comma 504, della legge 244/2007 per i trattamenti pensionistici liquidati anteriormente all'entrata in vigore della nuova disciplina).

Secondo la Cassazione occorre innanzitutto rilevare che l'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia è stato consentito all'interessata solo grazie al concorso determinante di quella contribuzione così riscattata: solo con quei contributi è stato maturato il requisito contributivo utile per il diritto alla pensione di vecchiaia.

Peraltro, la facoltà di riscattare periodi corrispondenti all'astensione facoltativa per eventi fuori dal rapporto di lavoro è stata introdotta per i soli periodi di astensione successivi al 1° gennaio 1994, dall'articolo 14, comma 1, del Dlgs 503/1992, norma poi abrogata dall'articolo 86 del Dlgs 26 marzo 2001, numero 151. Con l'articolo 35, l'esercizio di questa facoltà è stato ampliato, indipendentemente dalla collocazione temporale del periodo, e quindi per periodi anche anteriori al primo gennaio 1994.

Quanto agli effetti dell'esercizio del riscatto, la Corte sottolinea la particolarità di questa forma di accredito di contribuzione non legata ad alcun rapporto di lavoro in essere. Siamo quindi in un ambito diverso rispetto al normale riscatto di periodi lavorativi effettivamente espletati, non assoggettati a contribuzione, così come la fattispecie non è paragonabile a una vicenda di retrodatazione degli effetti degli atti di recupero di periodi suscettibili di tardiva copertura assicurativa (come nel caso di contribuzione versata all'estero).

In quest'ottica deve essere letta quindi anche la questione degli effetti del riscatto sul regime pensionistico applicabile. Infatti, secondo l'articolo 2 della legge 244/2007 (comma 504), le disposizioni degli articoli 25 e 35 decreto legislativo 26 marzo 2001, numero 151, si applicano agli iscritti in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo e sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge.

Secondo la Cassazione, tale clausola di salvezza si riferisce necessariamente a quanti fossero iscritti a una gestione assicurativa al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo 151/2001: i beneficiari della clausola di salvezza devono essere anteposti agli iscritti ancora in servizio a detta data.

Per l'assicurazione generale obbligatoria l'iscritto in servizio è il soggetto di condizione attiva che alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 151/2001 non sia titolare di trattamento pensionistico: la facoltà di accredito o riscatto è preclusa a tutti coloro che alla data del 27 aprile 2001 risultano pensionati, salvo si tratti di soggetti titolari di assegno di invalidità o di pensione di invalidità (si veda la circolare 100 del 14 novembre 2008). La lavoratrice, invece, era pensionata dal 1° giugno 1999. Per cui l'Inps ha correttamente riconosciuto i ratei arretrati solamente dall'entrata in vigore del decreto legislativo 151/2001.

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