Previdenza

Povertà, il reddito di cittadinanza verso rifinanziamento da 2 miliardi

di Marco Rogari e Claudio Tucci

La corsa a nuovi fondi per il reddito di cittadinanza di fatto è già scattata. A innescarla è stata l’impennata, alimentata dalla pandemia, dei soggetti che si trovano in povertà assoluta: 5,6 milioni, secondo l’ultima fotografia scattata dall’Istat, raggruppati in oltre due milioni di famiglie. Numeri “crudi” che per una fetta cospicua della maggioranza, da Leu a molte aree del Pd passando per i Cinque stelle, giustificherebbero un rafforzamento, anche pluriennale, seppure in una versione riveduta e corretta del Rdc, in attesa di capire la sorte del reddito d’emergenza, che interessa più di un milione di persone e che, con il decreto Sostegni bis, prevede altre quattro mensilità (fino a settembre, con domande da presentare entro il 31 luglio).

La misura bandiera del M5S è stata già puntellata con 4 miliardi aggiuntivi di qui al 2029 dall’ultima legge di bilancio e dall’ulteriore miliardo previsto dal decreto Sostegni. E considerando che nella relazione tecnica del decreto legge istitutivo di questa misura (4/2019) si ipotizzava «un profilo temporale della spesa aggiuntiva connessa al reddito e alla pensione di cittadinanza» con un orizzonte 2023 e con costi di quasi 22 miliardi, il conto per i prossimi nove anni salirebbe già a quasi 27 miliardi (circa 20 quelli effettivamente già «contabilizzati»). In aggiunta ai 12,7 miliardi di stanziamenti all’epoca previsti per il biennio 2019-2020.

Ma lo stesso ministro del Lavoro, Andrea Orlando, nei giorni scorsi, ha evidenziato che nel corso dell’emergenza Covid il bacino dei potenziali beneficiari del sussidio ha fatto registrare un aumento del 20 per cento. Una percentuale destinata, per altro, anche a salire per effetto dell’ormai prossima fine del blocco dei licenziamenti. Anche per questo motivo una parte consistente della maggioranza spinge per rifinanziare il Rdc con la legge di bilancio autunnale di almeno altri 1-2 miliardi a partire dal 2022. Ma con una proiezione pluriennale che potrebbe far salire di qui al 2029 l’asticella delle risorse necessarie a 40 miliardi, o anche oltre, soprattutto se dovessero passare alcune opzioni per estendere la platea circolate nelle scorse settimane, come un allentamento del requisito dei dieci anni di residenza, l’eliminazione dei requisiti patrimoniali, la revisione della scala di equipollenza, o la rinuncia alla decurtazione dell’assegno nel caso di lavori temporanei, che, in termini di oneri, non sarebbero compensate dalle nuove misure “anti-furbetti” annunciate da Orlando.

Come pure tutta da capire è la sorte del Rem, con più di una ipotesi che guarda ad avvicinare i requisiti del Rdc a questo strumento per allargarne la platea. Al momento parliamo solo di ipotesi, visto che il comitato scientifico per «fare il tagliando» al Rdc istituito a marzo da Andrea Orlando non ha ancora presentato proposte. Che dovranno necessariamente comprendere il link con l’occupazione, a oggi inesistente per i percettori del Rdc. Come conferma ieri, da Reggio Calabria, anche il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha chiesto apertamente a Mario Draghi robuste modifiche: «Così com’è il Rdc è un disincentivo al lavoro - ha detto il numero uno leghista -e ci sono tante aziende calabresi che faticano a trovare personale per questa stagione estiva, e si sentono dire “Io preferisco prendere 500 euro stando a casa, piuttosto che andare a lavorare”. Se il reddito di cittadinanza invece di un incoraggiamento al lavoro è un disincentivo per la Calabria è un problema. Che vada per chi è veramente bisognoso in Calabria, è fondamentale, che però alimenti il lavoro nero, va sicuramente ripensato».

L’ipotesi di una crescita, per ora prudenziale di 1-2 miliardi, dei fondi per il Rdc trova una conferma indiretta nell’ultimo monitoraggio diffuso dall’Inps, aggiornato allo scorso mese di maggio, dal quale è emerso un incremento tendenziale del 16% dei nuclei beneficiari: in tutto 1,18 milioni con assegni medi di 583 euro, ai quali vanno sommati i 125mila percettori di pensione di cittadinanza (importo medio di 263 euro) che fanno salire le famiglie con sussidio a quota 1,3 milioni per un totale di 2,9 milioni di soggetti coinvolti.

Il perimetro, insomma, si sta allargando continuamente. Con ricadute non trascurabili per l’assetto dei conti pubblici. Nell’ultimo rapporto sulla finanza pubblica presentato nei giorni scorsi, la Corte dei conti ha messo in evidenza come nel 2020 ben il 46% dei 67,3 miliardi di spesa per prestazioni assistenziali sia stata assorbita dalla voce «assegni e sussidi vari», in cui rientra il Reddito di cittadinanza. Una voce lievitata già lo scorso anno a 34,6 miliardi con una crescita del 72,5% rispetto all’anno precedente.

La magistratura contabile ha ricordato che nel 2019, anno di avvio del programma, «sono state realizzate economie per 1,8 miliardi» e che nel 2020 sono stati trasferiti all’Inps 7,19 miliardi, pari al 99% delle somme destinate al beneficio economico e agli incentivi alle imprese ed ai lavoratori. Sempre la Corte dei conti ha poi registrato un primo, parziale, intervento di rifinanziamento del Fondo destinato al pagamento del Reddito di cittadinanza che è stato operato dalla legge di bilancio per il 2021, (196,3 milioni per il 2021, 473,7 milioni per il 2022 e 474,1 milioni a partire dal 2023 fino al 2029); e l’ulteriore rifinanziamento per 1 miliardo disposto dal decreto Sostegni. Che ha già fatto salire la previsione di spesa per quest’anno da circa 7,4 miliardi a 8,6 miliardi.

Beneficiari e importi

Beneficiari e importi

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©