Previdenza

Visco: il contributivo regge la crisi, spinta ai fondi pensione

di Marco Rogari

Lo schema a ripartizione di tipo contributivo adottato in Italia e l’aumento dell’età effettiva di pensionamento, garantito dalla riforma Fornero, consentiranno al nostro sistema previdenziale di reggere all’impatto della crisi pandemica meglio di quelli di altri Paesi europei. Il Governatore della Banca d’Italia ne è convinto. Ma Ignazio Visco considera necessario continuare a «promuovere la previdenza complementare» (soprattutto per i giovani, le donne e i precari) e definisce «importante fare in modo che a una maggiore domanda di lavoro da parte dei più anziani si affianchi una adeguata offerta» agendo sulle “politiche attive”. Perché solo in questo modo si può pensare di affrontare la sfida con cui saremo alle prese già nei prossimi mesi per l’inevitabile ulteriore crescita del debito pubblico e di quello pensionistico, che «sono già elevati in rapporto al Pil» e che sono destinati a crescere ancora per effetto delle ricadute dell’emergenza Covid. Una sfida che può essere vinta solo tornando alla crescita, sottolinea Visco nel suo contributo dal titolo “Covid shock, debito pensionistico e debito pubblico” alla rivista quadrimestrale “Economia italiana”.

Sotto questo profilo il Governatore ribadisce un concetto già centrale nell’ultima Relazione annuale della Banca d’Italia: il ritorno, dopo la crisi, a tassi di espansione stabili e equilibrati consentirà anche di ridurre il peso del debito senza ricorrere a consolidamenti dei conti pubblici eccessivamente onerosi, ma che saranno comunque ineludibili nel medio periodo quando le condizioni macroeconomiche saranno più favorevoli.

Sulle possibili ripercussioni degli effetti della pandemia sul sistema previdenziale, Visco fa anzitutto notare che i vantaggi di uno schema a ripartizione con metodo di contribuzione definita, come quelli in vigore in Italia e in Svezia, «sono oggi più evidenti che mai». Anche perché in questo caso «l’ammontare della pensione è strettamente connesso con quello dei contributi versati e con l'età di pensionamento» e quindi «si riduce l'incentivo al pensionamento anticipato, consentendo allo stesso tempo di dare qualche margine di flessibilità ai singoli lavoratori». Non a caso, evidenzia ancora il Governatore, «nonostante le previsioni di una crescita economica relativamente bassa nei prossimi anni e di un forte aumento del tasso di dipendenza», la dinamica futura della spesa per pensioni prevista dalla Commissione Ue per l’Italia «risulta una delle più contenute a livello europeo».

Grazie ai suoi meccanismi di stabilizzazione, lo schema a ripartizione di tipo “contributivo” è dunque da considerare «più resiliente» a shock macroeconomici e a variazioni dell’aspettativa di vita, oltre ad essere in grado di rispondere alla necessità di incentivare incrementi del tasso di occupazione «particolarmente rilevanti nei Paesi più esposti all’invecchiamento della popolazione», come il nostro. Ed è anche per questo motivo che, secondo il Governatore, occorre che corrisponda una adeguata offerta alla richiesta di lavoro dei più anziani. La via da percorrere sarebbe quella delle politiche attive del lavoro chiamate a garantire la formazione e il ricollocamento di over 50 e 60. E a questo proposito Visco ricorda una rilevazione Ocse dalla quale emerge che in Italia meno del 10% dei lavoratori più anziani ha accesso alla formazione, contro il 13% della Francia, il 18% della Spagna e quasi il 30% della Germania. Per Visco un altro snodo chiave è rappresentato dal decollo della previdenza complementare. «Un sistema multi-pilastro - sostiene il Governatore - è utile al lavoratore perché può consentire il conseguimento di benefici pensionistici adeguati anche a fronte di regole di calcolo meno generose per le pensioni pubbliche, con una migliore diversificazione del rischio». Per centrare questo obiettivo Visco fa notare che è importante guardare anche alla dinamica dei costi di amministrazione e delle commissioni di gestione dei fondi pensione, «non sempre trasparenti».

Ma occorre anche fare i conti con l’impatto della crisi pandemica in termini di rallentamento delle contribuzioni alla previdenza complementare. Versamenti che, pur con la crescita delle adesioni a un ritmo «abbastanza significativo» registrata dal 2005, «spesso sono insufficienti e discontinui - scrive Visco - soprattutto per quei lavoratori che più ne beneficerebbero»: i più giovani, i precari, le donne e gli occupati nelle piccole imprese.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©