Previdenza

Assegno di maternità dello Stato anche a chi ha il permesso unico di lavoro

di Pietro Gremigni

Anche gli stranieri titolari di permesso unico di lavoro autorizzati a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi in Italia hanno diritto a richiedere all'Inps l’assegno di maternità dello Stato, alle condizioni previste dal testo unico sulla maternità.

L'Inps, col messaggio 3656/2022 del 5 ottobre, illustra le novità contenute nel Dlgs 238/2022 che ha modificato i titoli di soggiorno dei cittadini extra Ue necessari per ottenere l'assegno di maternità in presenza di lavori atipici e discontinui.

A seguito delle modifiche, infatti, oltre ai cittadini italiani e dell'Unione europea, sono ammessi a chiedere l'assegno di maternità dello Stato i cittadini stranieri extra Ue titolari di permesso di soggiorno ed equiparati ai cittadini italiani (in base all'articolo 41, comma 1-ter, del Dlgs 286/1998), e cioè gli stranieri titolari di permesso unico di lavoro autorizzati a svolgere un'attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, nonché gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi.

Inoltre, possono beneficiarne:

1) i familiari titolari di carta di soggiorno prevista dall'articolo 10 del Dlgs 30/2007 cioè i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea, spettante una volta trascorsi tre mesi dall'ingresso nel territorio nazionale;

2) i familiari titolari di carta di soggiorno (articolo 17 del Dlgs 30/2007) che abbiano maturato il diritto di soggiorno permanente;

3) i titolari di permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo.

L'assegno di maternità in questione, disciplinato dall'articolo 75 del Dlgs 151/2001, è pari per l'anno 2022 a 2.183,77 euro per ogni figlio nato, o per ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento.

Le condizioni che giustificano il pagamento dell’assegno sono le seguenti:

a) quando la donna lavoratrice ha in corso di godimento una qualsiasi forma di tutela previdenziale o economica della maternità e possa far valere almeno tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti alla nascita o all'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare;

b) qualora il periodo intercorrente tra la data della perdita del diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento, per almeno tre mesi, di attività lavorativa, e la data della nascita o dell'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare, non sia superiore a quello del godimento di tali prestazioni e comunque non sia superiore a nove mesi;

c) in caso di recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro durante il periodo di gravidanza, qualora la donna possa far valere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti alla nascita.

L'assegno spetta per intero nel caso in cui i destinatari non beneficino dell'indennità di maternità, ovvero per la quota differenziale rispetto alla prestazione complessiva in godimento se questa risulta inferiore.

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