Adempimenti

Ticket di licenziamento, Inps cambia regole a spese di aziende e intermediari

di Alessandra Gerbaldi e Barbara Massara

L’Inps, con la circolare 137/2021 del 17 settembre, ha allertato i datori di lavoro sugli esiti delle verifiche effettuate sui ticket di licenziamento, anticipando prossimi ricalcoli degli importi versati. In un prossimo messaggio fornirà le istruzioni operative per regolarizzare gli importi versati in eccedenza (fino ad aprile 2015) e quelli versati in misura inferiore al dovuto (dal 1° maggio 2015 in poi, cioè dall’introduzione della Naspi).

Nella circolare richiama tutte le regole previste dall’articolo 2, commi 31-35 della legge 92/2012 che disciplina il ticket di licenziamento, ma omette di chiarire con esattezza la ragione degli errati calcoli effettuati dalle aziende e quindi dei conseguenti errati versamenti.

La ragione discende dall’aver considerato come base di calcolo della percentuale del 41% (o 82% per le aziende soggette al contributo di Cigs, in caso di licenziamenti collettivi) quella che impropriamente nell’ultima circolare definisce “retribuzione imponibile” (ma che in realtà è la prima fascia di imponibile previdenziale medio su cui si applica il 75% ai fini della determinazione dell’indennità di Naspi), anziché il massimale di Naspi (quello che viene applicato quando il calcolo della prestazione sulla base dell’imponibile medio degli ultimi 4 anni produce un risultato superiore a questo valore massimo).

L’Inps omette di precisare che esso stesso, nei provvedimenti in cui ha illustrato alcuni esempi numerici di calcolo del ticket (circolare 44/2013, 4441/2015, 594/2018), ha sempre utilizzato come base di calcolo la prima fascia di retribuzione imponibile e non il massimale. Da notare che nella prima circolare istitutiva del ticket, la 44/2013, l’istituto definiva la base di calcolo come «somma limite ex art. 2 comma 7 Legge n. 92/2012», fornendo come corrispondente importo numerico su cui calcolare il 41% la fascia di imponibile alla quale si applica la percentuale del 75% (1.180,00 euro per l’anno 2013, che in realtà è più un minimale che massimale).

Nel messaggio 4441/2015, a seguito del passaggio alla Naspi, rinvia all’articolo 4, comma 2, del Dlgs 22/2015, e nel messaggio 594/2018 utilizza invece il termine «massimale», continuando tuttavia a fornire negli esempi di calcolo del ticket il valore della prima fascia di retribuzione imponibile e non il massimale. Affidandosi agli esempi illustrati dall’Inps nei diversi provvedimenti, i datori di lavoro, le softwarehouse di paghe, i consulenti hanno sempre applicato il 41% (o l’82%) alla prima fascia di retribuzione imponibile e non al massimale. Oggi l’istituto, dopo 8 anni, si accorge di aver fornito indicazioni non corrette, che hanno fuorviato tutti gli operatori del settore, che seguendo gli esempi numerici forniti, hanno effettuato calcoli che solo oggi risultano errati.

Ma il vero problema è che l’Inps pretende di essere titolare di crediti nei confronti delle aziende (sempre che siano ancora esistenti) con riferimento a dipendenti licenziati dal 2015 in avanti, per i quali si dovrebbero rideterminare gli importi dovuti che variano in funzione della diversa anzianità aziendale, con tutte le conseguenze pesanti in termini di inutile attività amministrativa e burocratica di ricalcolo e regolarizzazione.

Si attende il prossimo provvedimento per conoscere gli sviluppi di questa nuova scoperta, augurandoci che il legittimo affidamento delle aziende alle indicazioni dell’istituto esoneri il datore di lavoro da qualsiasi responsabilità e che induca l’inps a rivedere le proprie richieste.

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