Adempimenti

Equo compenso: disciplina da riscrivere

L’equo compenso per i professionisti è stato al centro di una serie di audizioni informali che si sono svolte ieri presso la commissione Giustizia del Senato sui Ddl 1425 e 2419, quest’ultimo approvato il 13 ottobre dalla Camera in prima lettura. Subito dopo l’approvazione sono fioccate numerose critiche al testo riportate nel corso delle audizioni. Confprofessioni stigmatizza le «incomprensibili previsioni di sanzioni disciplinari a carico del professionista che sia parte di un rapporto contrattuale lesivo dell’equo compenso».

Un approccio secondo Confprofessioni punitivo e inaccettabile, che lascia trasparire l’intento di un ritorno a tariffe vincolanti. L’obbligo a riconoscere un equo compenso è troppo circoscritto secondo il Cup (Comitato unitario delle professioni) e andrebbe esteso a tutti i rapporti contrattuali, compresi quelli tra professionisti ed utenti consumatori.

L’Adepp, l’associazione della Casse di previdenza dei professionisti sottolinea che il datore di lavoro, più ostico è proprio quello pubblico; la Pa infatti è tenuta al rispetto dell’equo compenso per i soli rapporti convenzionali, fuori dall’obbligo le società partecipate, le cartolarizzate e gli agenti della riscossione.

Troppo poco per Confcommercio e Aiga (giovani avvocati) che chiedono di aumentare le tutele nei confronti della Pa. Auspica un ampliamento della platea interessata anche il Consiglio nazionale forense, perché limitare l’applicazione della norma alle società con più di 50 dipendenti o con oltre 10 milioni di fatturato esclude la maggior parte delle imprese italiane.

Il Colap (libere associazioni professionali) parla di un testo confuso e inadeguato che dimentica le professioni non ordinistiche e rischia di portare più danni che benefici.

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