Rapporti di lavoro

Il titolo di specialista spacca le categorie

di Antonello Cherchi, Valeria Uva

Non c’è pace sotto il cielo delle specializzazioni. Non, almeno, per avvocati e dottori commercialisti. I primi, dopo anni di traversie, erano pronti a partire e invece si è riaperta la battaglia dei ricorsi. Gli altri cercano da tempo di trovare un puntello normativo al titolo di specialista, ma anche l’ultimo tentativo non è andato in porto.

Gli avvocati

Sembrava che l’ultimo atto fosse stato scritto con il nuovo regolamento sulle specializzazioni forensi, il decreto 163 entrato in vigore il 27 dicembre scorso, che ha in parte modificato e integrato il decreto 144 del 2015. Cinque anni spesi nella ricerca di una soluzione ai rilievi mossi al regolamento del 2015. A questo punto si aspettava il fischio d’inizio e invece tutto è nuovamente rimandato.

La scorsa settimana sono stati presentati al Tar Lazio almeno due ricorsi. Uno dei due arriva da alcuni Ordini - Roma, Napoli, Palermo, Frosinone, Civitavecchia, Cassino, Velletri, Viterbo e l’Unione degli Ordini forensi del Lazio - ovvero i soggetti che devono formare e gestire gli elenchi degli avvocati specialisti. Le nuove censure sono varie: dalle convenzioni tra gli Ordini e le associazioni forensi riconosciute per dar via ai corsi di specializzazione all’articolazione dei titoli di specialista, dal riconoscimento della comprovata esperienza all’apertura ai dottori di ricerca.

La rinnovata via giudiziaria blocca tutto. A cominciare dai passi che dovevano essere compiuti dal ministero della Giustizia e dal Consiglio nazionale forense, ai quali spetta istituire una commissione per esaminare le domande di chi intende far valere la comprovata esperienza e un’altra per predisporre le linee guida dei corsi di formazione specialistica. Proprio la mancanza di queste ultime rischia di bloccare l’avvio del nuovo biennio delle scuole di specializzazione che già esistono (alcune da diversi anni).

Ed è proprio da quel versante che arrivano le critiche al nuovo contenzioso che avanza. I presidente di cinque delle principali associazioni forensi (Agi, Aiaf, Uncat, Unione camere penali, Unione camere civili) hanno già fatto sentire la loro voce. «C’è una diffusa ostilità verso le specializzazioni in sé, come se fosse possibile restare ancorati a un modello generalista e onnisciente, superato dalla realtà. La mancanza di leale collaborazione fra le componenti forensi - sottolinea Aldo Bottini, presidente di Agi, l’associazione dei giuslavoristi - mette a rischio un punto fondamentale, condiviso da tutta l’avvocatura: la specializzazione e le scuole di alta formazione devono essere soprattutto forensi, cioè basate sull’esperienza e sull’esercizio della professione, non sull’Accademia, la cui missione è di formare giuristi, non avvocati».

Sull’altro versante si confermano le critiche al sistema e si chiede maggiore coinvolgimento. «Non abbiamo alcun interesse a bloccare la riforma - afferma Antonino Galletti, presidente dell’Ordine di Roma - ma cerchiamo di evitare che sia un’ulteriore occasione persa per l’avvocatura. Siamo pronti a discutere su come modificare il regolamento. A quel punto, potremo ritirare il ricorso». Nessun commento, invece, dal Consiglio nazionale forense.

I commercialisti

Traguardo sfumato anche per le specializzazioni dei commercialisti. Il tentativo di far partire l’iter con un emendamento omnibus al Dl milleproroghe è fallito: la modifica al Dlgs 139 è stata dichiarata inammissibile per estraneità con la materia dei rinvii propria del Milleproroghe ed ha anche spaccato la categoria. Non è bastata infatti la consultazione preventiva di Ordini e associazioni sul tema avviata dal presidente uscente, Massimo Miani. In molti hanno visto l’emendamento come un blitz di fine mandato, anche se l’obiettivo di istituire sezioni specializzate dell’Albo in realtà è perseguito da molti anni.

Tutto da costruire sarebbe stato anche il percorso: l’emendamento infatti rinviava a un successivo regolamento la definizione delle specializzazioni da raggiungere o per esperienza (otto anni ) o attraverso corsi, compresi quelli delle scuole di alta formazione degli Ordini. Ma, appunto, la categoria è spaccata.

«Il tema delle specializzazioni non va confuso con quello elettorale urgente- puntualizza Matteo De Lise, presidente dei giovani di Ungdcec -. Inoltre, le specializzazioni non devono rappresentare una barriera di ingresso al mercato, con troppi anni di esperienza richiesta e costi eccessivi, fino a 2mila euro, per i corsi abilitanti». Per De Lise, che invoca anche «vere e proprie riserve di legge», specializzarsi dovrebbe garantire al professionista «l’iscrizione automatica ai vari elenchi e Albi che si stanno moltiplicando all’esterno dell’Ordine». Mentre Maria Pia Nucera, alla guida del sindacato Adc, chiede elenchi specialistici «da creare anche valorizzando di più l’esperienza sul campo, solo per le attività innovative, non caratteristiche della professione». In pratica nessun obbligo di ulteriore formazione ed esami per chi si occupa di fisco e bilanci, «mentre per altre materie come la responsabilità 231 o la crisi di impresa la specializzazione può essere un titolo spendibile».

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