Rapporti di lavoro

Contratti di espansione, esodi e riqualificazione su misura

di Antonello Orlando

Il contratto di espansione, dopo le recenti modifiche del decreto Sostegni-bis, si rivela uno strumento agile per portare a termine un ricambio generazionale nelle imprese, accompagnato a interventi formativi che possono anche essere finanziati dalle integrazioni salariali.

Dal 2019 a oggi il contratto di espansione, attualmente ancora sperimentale e attivabile fino alla fine del 2021, ha visto numerose modifiche nella direzione di una maggiore inclusività: fino al 2020 era accessibile alle sole aziende che avessero, considerate singolarmente, più di 1.000 unità lavorative. Alla fine del 2020, la soglia di accesso è stata ridotta fra le 250 e le 500 unità lavorative (le più piccole potevano accedere solo al prepensionamento), con la nuova possibilità per le imprese di riunirsi in gruppo in modo da raggiungere il requisito dimensionale, ma con il decreto Sostegni-bis è stata introdotta una soglia unica di appena 100 unità lavorative, per tutte le misure finanziate dal contratto. Quindi attualmente ogni azienda con tale requisito dimensionale, e che rientra nell’ambito Cigs, può utilizzare uno più strumenti del contratto di espansione, in base alle sue esigenze.

Il contratto, da siglare con le rappresentanze sindacali nazionali o aziendali presso il ministero del Lavoro con una procedura analoga a quella della cassa integrazione, prevede quattro direzioni, di cui due obbligatorie, per le imprese che lo attivano.

Da un lato vi è la facoltà di accompagnare a pensione quei lavoratori che distino non più di 60 mesi dal raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia o anticipata; il prepensionamento è riservato solo a chi vi voglia aderire volontariamente e prevede costi ridotti rispetto alla isopensione o ai tradizionali assegni dei fondi bilaterali, come quello del credito, anche grazie a un finanziamento pubblico che può arrivare a garantire uno sconto per l’impresa pari a 3 annualità di Naspi e, per chi viene accompagnato alla pensione anticipata, anche della relativa contribuzione figurativa. L’impresa dovrà assumere un numero concordato di risorse a tempo indeterminato, anche con il contratto di apprendistato professionalizzante; per i nuovi dipendenti a tempo indeterminato vi sarà la possibilità di accedere alle agevolazioni per le assunzioni messe in campo, ad esempio, dalla legge di Bilancio 2021 per chi ha meno di 36 anni o per le lavoratrici di sesso femminile.

Dall’altro lato, va portato avanti un piano formativo, certificato, per il rinnovamento delle competenze dei lavoratori che non sono posti in esodo.

Il contratto dà anche la facoltà, alle imprese che rientrano nel campo della cassa integrazione guadagni straordinaria (industriali, edili, ma anche commerciali con più di 50 dipendenti) di godere di una Cigs speciale, senza alcun contributo addizionale della durata massima di 18 mesi, fino al 30% dell’orario complessivo dei lavoratori coinvolti e che può essere utilizzata proprio per finanziare la formazione certificata, coprendo così i costi retributivi dei lavoratori coinvolti nei percorsi di rinnovamento delle competenze.

Bisogna tuttavia ricordare, specie in vista di una sua possibile proroga, che la norma non escluderebbe un utilizzo in “tandem” del Fondo nuove competenze, alternativo alla Cigs del contratto di espansione: il vantaggio consisterebbe nella copertura integrale dei costi retributivi senza alcuna decurtazione salariale per i lavoratori, nonché dei contributi previdenziali.

Anche il Fondo nuove competenze, le cui risorse sono al momento esaurite e in attesa di essere rifinanziate, prevede una scadenza, fissata al 30 giugno, per la sottoscrizione di un accordo sindacale, mentre la formazione va erogata entro non più di 120 giorni dalla data di approvazione del finanziamento da Anpal.

Se entrambi gli strumenti verranno prorogati, un loro utilizzo combinato potrebbe garantire un investimento in formazione ancora più profondo, con anche maggiore soddisfazione a livello retributivo per i lavoratori che non si vedrebbero applicati i massimali mensili (pari a 1.199 euro lordi) della cassa integrazione.

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