Rapporti di lavoro

Nella nuova fabbrica anche l’operaio deve saper decidere

di Giorgio Pogliotti

Le imprese per il presente e il prossimo futuro guardano alle competenze “soft” immateriali: abilità cognitive, di contenuto, relazionali, analitiche e gestionali che sono diventate
le “nuove hard skill”, quelle imprescindibili
nel determinare la professionalità di un lavoratore e la sua occupabilità.

L’avvento delle nuove tecnologie digitali e del cosiddetto “4.0” stanno provocando una rivoluzione nel modo di lavorare, oltre che di apprendere. Tra le imprese interpellate dalla ricerca sul capitale umano di Community Research & Analysis, promossa da Umana e Federmeccanica sono in ascesa le capacità di sistema, ovvero il saper prendere decisioni, il fare analisi di processo e di dati. In caduta, invece, le abilità tecniche e quelle fisiche che in prospettiva potranno essere sostituite dalle macchine. «Il punto di vista delle imprese metalmeccaniche non differisce sostanzialmente da questo quadro - sostengono gli autori della ricerca -, se non per il fatto che le abilità tecniche avranno ancora un peso significativo, mentre in ascesa troveremo le capacità analitiche, il pensiero critico».

Del resto a conclusioni analoghe è giunto un recente report svolto presso i manager HR del settore automotive, che ha evidenziato come, proiettando lo sguardo dei fabbisogni al 2025, le competenze di base richieste per questo settore saranno sempre più di carattere soft, di natura relazionale: il 79,8% segnala che aumenteranno la richiesta di competenze di contenuto, di abilità cognitive (79,6%) e relazionali (76,1%), di conoscenza del sistema impresa e organizzativo (73,1%). Al contrario, saranno sempre meno considerate le abilità tecniche (50,0%) e ancor meno quelle fisiche (15,8%).

La ricerca ha tracciato una mappa delle competenze richieste ai lavoratori oggi e nei prossimi 3 anni, per tre grandi aree: le abilità, le competenze di base e quelle trasversali. Le abilità, a loro volta, sono state suddivise in abilità cognitive e fisiche; le abilità cognitive ottengono i valori più elevati in assoluto non solo oggi, ma anche per il futuro. Sul versante opposto troviamo le abilità fisiche che occupano l’ultima posizione, e risultano in declino.

Mentre le competenze di base, che comprendono quelle di contenuto e le analitiche, risultano centrali nel definire la professionalità di un lavoratore. Infine le competenze trasversali - che includono quelle di sistema, relazionali, le capacità di gestione e tecniche - risultano in varia misura importanti, ma un’importanza minore è attribuita a quelle più strettamente tecniche.

In una classifica generale, in sintesi, le competenze centrali per il prossimo futuro risultano essere le abilità cognitive (85,6%), quelle di contenuto (85,1%) e relazionali (83,0%). Dal confronto dei pesi assegnati fra oggi
e in prospettiva, le competenze di sistema
(+17,9) e quelle cognitive (+4,1) assumono un’accelerazione particolare: saranno quelle
su cui puntare per la formazione professionale dei lavoratori.

Un’attenzione particolare andrà poi
alle capacità di gestione (+3,9) e a quelle di contenuto (+3,3) percepite in sviluppo significativo. «Se assumiamo che le competenze siano progressivamente modificabili sulla
scorta dell’evoluzione del mercato del lavoro e delle tecnologie, che siano legate all’ambiente
di lavoro, alla mansione, al territorio in cui si opera - spiega la ricerca -, ne consegue
che l’individuazione di un repertorio di competenze valide erga omnes è un’operazione pressoché impossibile».

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