Rapporti di lavoro

Pa, atenei in campo contro il gender gap

Indagine Crui rivela: il 61% delle università ha pubblicato il gender equality plan (Gep) e un altro 19% è ormai vicino ma non averlo impedisce di accedere a Pnrr e fondi Ue. Polimeni (Sapienza): è un segnale positivo ma dobbiamo arrivare al 100%

di Eugenio Bruno, Serena Uccello

Per gli esperti di pari opportunità gli atenei italiani hanno sempre rappresentato il prototipo perfetto del “soffitto di cristallo”. E i report annuali del ministero dell’Università, emanati di solito per l’8 marzo, ce lo ricordano sistematicamente. Prendiamo l’ultimo: pur rappresentando il 56,3% delle studentesse e il 56,9% delle laureate, le donne continuano a fare molta più fatica degli uomini a intraprendere la carriera accademica. Tant’è che le assegniste di ricerca sono solo il 48,5%, le ricercatrici il 46,4%, le docenti associate il 40,4% e le ordinarie appena il 25,4 per cento. Più si sale in cima alla piramide più la componente femminile si assottiglia. Bastano questi numeri a spiegare quanto possa fare la differenza dotarsi o meno di un bilancio di genere, e ancora di più di un gender equality plan (Gep). Peraltro da quest’anno gli atenei hanno anche un incentivo in più: il Gep è necessario per accedere ai fondi Ue e, di conseguenza, anche ai “munifici” bandi del Pnrr.

Ma quanto siamo ancora sul piano delle intenzioni e quanto invece l’obiettivo è diventato prassi? A farsi la domanda deve essere stata anche la Conferenza dei rettori visto che, dopo aver emanato a luglio 2021 le linee guida per l’approvazione dei piani per l’uguaglianza di genere, ha di recente verificato come e in che misura gli atenei hanno recepito le indicazioni provenienti dal “centro”.

Ebbene, da un’indagine conclusa ad aprile 2022 (a cui hanno risposto 81 realtà gravitanti nell’orbita Crui su 84) emerge che il Gep è stato formalmente adottato dal 61% degli atenei, più un altro 12% che lo ha visto approvato dagli organi interni (e un altro 7% in via di approvazione). Con una tendenza generale che ha visto le accademie di maggiori dimensioni, specie se si trovano nelle regioni del Centro-Nord, più sensibili finora al tema.

Nel commentare i numeri, la rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni (che presiede la commissione Crui sulle tematiche di genere) sottolinea che «la pubblicazione del Gep è indispensabile per accedere a fondi europei» e che è «un’occasione importantissima per inserire le politiche per la parità di genere nei piani strategici di ateneo». Cioè nel mettere nero su bianco l’impegno a lottare contro il gender gap. Pur giudicando «positivo» il bilancio complessivo dell’indagine la “magnifica” del più grande ateneo d’Europa auspica che si arrivi il prima possibile al 100 per cento.

Di fatto, il Gep dall’essere urgenza burocratica può diventare uno strumento concreto per sollevare il soffitto e accelerare quel processo che stenta sul piano sociale e, forse anche, culturale a decollare. A parità di compentenze - aggiunge Polimeni - può diventare «lo strumento idoneo per creare un ecosistema adatto a favorire le carriere femminili». E lancia l’idea di un sistema premiale che, a valle di un sistema di reclutamento incentrato sul rispetto delle competenze, premi le strutture che hanno ridotto i loro squilibri di genere.

Ma, a suo giudizio, affinchè si passi dalla teoria alla pratica molto dipenderà dalla dotazione economica che le azioni previste - generalmente cinque - avranno. Il Gep della Sapienza ha ad esempio per il 2021 aveva previsto un investimento a sostegno degli interventi di 1,2 milioni. Meno evidente l’indicazione in altri testi che sulla stesura appaiono invece sostanzialmente rispettare le linee guida indicate. Così sono articolati in cinque aree (Equilibrio lavoro-vita privata e una cultura aziendale inclusiva; Parità di genere nella leadership e nei processi decisionali dell’organizzazione; Parità di genere nei processi di reclutamento di nuove risorse e nell’avanzamento di carriera; Inclusione della questione di genere all’interno dei programmi di ricerca e insegnamento; Misure contro la violenza di genere sul luogo di lavoro), all’interno vengono fissate le azioni (14 nel caso dell’università di Catania, ma il numero può cambiare) e gli obiettivi per ogni azione. Alcuni Gep possono prevedere come nel caso di Bologna anche una sorta di cronoprogramma. Poi, certo, tutto sta a rispettarlo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©